Arabia Saudade Até O Fim De Seus Dias

Arabia Saudade, Estudando a América do Sul: mi hanno sempre insegnato a rubare il mestiere; cosa di meglio quindi che carpire con arditi stratagemmi le logiche artistiche degli Arabia Saudade da uno dei frontman degli stessi?
Terzo disco per i nostri, dopo il debutto Americ e lo split condiviso con i Caveira, De Volta à Liberdade / Le Petit Senegallia.
1) Arabo arriva in Sud America e gli manca casa
2) Si ambienta ed inizia a godersi il Sud America tra allegria e saudade.
3) Va a scoprire tutti gli altri stati sudamericani, ma quando si è appena innamorato del continente deve andarsene e ripartire.
Questo disco, con l’aggiunta di Cazzurillo alla voce, è l’ennesima bomba. Scordatevi la cumbia, i flauti andini, i mariachi. Immaginatevi un commando armato della loro strumentazione prendere in ostaggio un bus, drogare l’autista con qualcosa di colorato e dare gas a tutta birra. Le anche viaggiano, tuffandoci in una sorta di sogno o di incubo colorato. Pazzi, partono dal rock più spezzato ed arty, inserendovi fiori, sassofoni, serpenti e lingue spettacolari. Le voci, tra la già citata Cazzurillo e Superfreak non sono scimmiottate, ma un lingo assolutamente pertinente a quello che sembra il party più furioso, come se i sottoboschi di Chicago e di Brooklyn fossero stati buttati un camion cisterna di trielina, acido lisergico e cachaça. Argentina, Bolivia, Chile, Colombia, Equador (assolutamente irresistibile, con un Superfreak perso in un incubo, tra galline e giochi di specchi), Guiana, Guiana Francesa, Peru, Suriname, Venezuela e Grande Sucesso (Adeus). Cazzurillo è la Dea Madre, voce che si sparge sopra gli alberi ed adombra la foresta. La sezione ritmica è fantastica, quando oltrepassano le due guyane sembra di vederli, fazzoletti ed elmetti in testa, umidità al 93%, in avanscoperta esplorativa, attendendo le sorprese vocali che escono dai cespugli. Paraguay è un treno, come ai tempi di Cesare Maldini, palla lunga e pedalare, cantanti litigiosi no alpitour hay hay hay. Peru è la festa, la piazza, il ballo… trenini che manco al Tagofest e tanta dispersione di sudore, tiene que tomar algo para beber, uma cervecita o algo de mas fuerte! Pazzi, pazzi, pazzi in Suriname, si innervosiscono in Uruguay ma forse è perché sentono che il viaggio sta finendo. Li vedrei bene fra un incontro e l’altro di lucha Libre, fra una gara di sputi fra lama o in un combattimento misto fra galli e pulci.
Que viva Arabia Saudade, la garra que tengon y como la mueven!

SODAPOP: Grazie mille per la disponibilità Arabo malinconico! Partiamo dalla base. L’immagine di copertina è stupefacente, come siete arrivato ad Elias Taño e perché avete scelto lui per rappresentarla?
ARABIA SAUDADE: Lo amiamo da quando vinse il Caco d’oro al Ca. Co. Fest a Bari nel 2015. Il suo stile unico emergeva anche in uno scontro di fumetti improvvisati su soggetti sgrammaticati. Elias Tano era inoltre nella prima foto ufficiale di gruppo degli Arabia Saudade al posto di Dave (https://www.instagram.com/p/BkaMHz5HqLS/?igshid=YmMyMTA2M2Y=), chi meglio di un quasi membro del gruppo poteva comprendere la Saudade di questo finale?

SODAPOP: Il viaggio è ormai rito classicamente sintomatico per la crescita ed il cambiamento, qui però sento soprattutto molta libertà ed un calore differente rispetto al Golfo Persico. Il ritmo diventa più serrato e la musica frenetica e pazza. L’entrata in materia di Cazzurillo poi trovo dia una dimensione quasi ancestrale a tutta la faccenda. Ha percepito un nuovo equilibrio nella banda? Il dualismo vocale e l’arrembanza le hanno squadrato i lineamenti ed in effetti i riferimenti ai Downtown Boys mi sembrano azzeccati (anche se azzarderei anche i Piranhas come come riferimento).  È finalmente maturato con questo viaggio? Ha trovato un suo posto od un suo io?
ARABIA SAUDADE: Il viaggio qui non è di formazione, ma di ratifica. Per scrivere quest’ultimo capitolo degli Arabia Saudade abbiamo aperto i libri, ma soprattutto Wikipedia. Ci aismao appuntati nozioni interessanti e poi siamo partiti a verificarle. L’arrivo di Cazzurillo, con cui avevamo già cantato un brano di Le Petite Senegallia, è stato fondamentale. Solo la sua pignoleria ci ha permesso di girare dodici stati sudamericani in piena pandemia. A livello musicale, il concerto dei Downtown Boys a Zuma ci è servito come faro per non perderci nelle suggestioni infinite della continua scoperta di musica sudamericana a cui siamo stati sottoposti nei nostri viaggi.

SODAPOP: Arabo, portoghese, spagnolo, italiano, inglese…per provenienza , per ispirazione o per appartenenza discografica è confrontato con molte lingue. Quale la migliore per cantare? Quale per piangere? E per fare all’amore?
ARABIA SAUDADE: L’amore per il portoghese è quello che ha dato il via agli Arabia Saudade, la sua scarsa conoscenza il motore per definire tutta la trama degli album e le vicissitudini del triste arabo spatriato.

SODAPOP: Ascoltando le sue scorribande mi è sembrato di percepire una metamorfosi, come se ad un gruppo statunitense fosse venuta una brutta infezione ed avesse iniziato a percepire i colori ed i gusti in maniera del tutto nuova. Riuscirebbe ad associare ad ogni brano un colore ed un frutto?
ARABIA SAUDADE: Sì, forse ci riusciremo: il blu dei ghiacciai cileni, il rosso delle Ande, il verde sconfinato delle Guiane, il nero del futuro che ci attende.

SODAPOP: Citando Joao Gilberto ci ha fatto rattristare parecchio. “La gioia ha una fine e la tristezza no…” diceva lui e, percependo il momento di rientrare a casa, ha fatto sua questa citazione. Può portare con se in Arabia Saudita sette cose dal Sud America, cosa si prende?
ARABIA SAUDADE: Non è detto che il ritorno sia in Arabia Saudita: ci interessava più raccontare  l’abbandono di qualcosa che hai appena imparato ad apprezzare in uno scenario di pioggia equatoriale su biplani pilotati da Mister No. La prosa di Vinicius Moraes, nell’interpretazione di Joao Gilberto è qualcosa di inarrivabile a cui abbiamo sempre aspirato con gli Arabia Saudade. Felicidade è forse il brano più bello del mondo in tutte le versioni, anche in quella di Johnny Dorelli.

SODAPOP: Non esiste ancora su Wikipedia una voce relativa ad Arabia Saudade. Potrebbe sembrare autoreferenziale ma cosa vorrebbe ci fosse scritto sulla sua pagina?
ARABIA SAUDADE: Un gruppo musicale che ha fatto scorrere qualche lacrima attraverso un’appropriazione culturale talmente maldestra da risultare accettabile.

SODAPOP: La vedremo prossimamente dal vivo? Con la bella stagione? O forse perderà pezzi di se stesso come la lebbra insegna, spargendosi qua e la e vivendo in separata sede?
ARABIA SAUDADE: Forse ci sarà concesso un concerto, magari due e poi niente più. Addio Arabia Saudade.

Salutiamo gli Arabia Saudade, l’Urugay e l’America Latina tutta!