Vonneumann – Il De’ Metallo (Ebria, 2009)

vonneumann_________cop___________150

Chiude i battenti, ahinoi, la Ebria Records e lo fa lasciando in eredità un disco che, ce ne fosse bisogno, contribuisce ad acuire i rimpianti fra gli appassionati dei suoni più incompromissori. Sarebbe tuttavia ingiusto ricordare il nuovo album dei Vonneumann solo come epitaffio dell'etichetta milanese, essendo la band romana viva e vegeta e capace di regalarci un ottimo lavoro, complesso senza essere eccessivamente cerebrale, e anzi, pur lontano dalla forma canzone canonica, il disco rivela una spiccata attitudine rock.
Il De' Metallo è costruito attorno a un lavoro di basso di prim'ordine, cui si affiancano due chitarre, mai troppo invadenti, batteria e talvolta synth. Solo nell'iniziale Omniitico a farci muovere i primi passi all'interno del disco, sono una tromba suadente e un severo violoncello, ma ci salutano ben presto e le restanti sei tracce sono ad unico appannaggio dei già nominati strumenti, non sempre compresenti. La seguente Zonathan Gisaggio, divisa in due parti, sfoggia un bel basso ruvido e pulsante, a cui si aggrappano mutevoli arpeggi di chitarra e i discontinui battiti delle percussioni, mentre The Late Jeff Koon è un crudele esperimento sulla pelle di due poveri batteristi (ospite è Alessandro Calbucci già con From Hands e Sedia) costretti, ignari l'uno dell'altro, ad ascoltare la stessa improvvisazione chitarristica e dare la propria interpretazione ritmica, poi sovrapposte in fase di editing. La seguente 8uuuu8u, per ripristinare la media, fa a meno delle percussioni ed è ancora il basso ad indicare la strada in mezzo a nebulose quasi ambient. In maniera inusuale per un disco di questo genere e cosa assolutamente pregevole, Il De' Metallo non rimanda solo a sé stesso o a riferimenti comunque di genere, ma sa essere evocativo, soprattutto nella prima parte, dove blues rarefatti e a tratti spigolosi suggeriscono affascinanti atmosfere noir. Poi, nei due ultimi brani, la musica prende forma più stabile, con la relativamente lineare Requiem For Poroppo e con le chitarre gioiosamente avant-tamarre di Methagno Sahgno: alla fine, è arrivato anche il metallo.