Carlo Pastore – Se Fai Un Bel Respiro (Mondadori, 2009)

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Basta, per giustificare la recensione di Se Fai Un Bel Respiro su queste pagine, i gruppi citati (dagli At The Drive In ai Pan Sonic) e parafrasati (dal Teatro Degli Orrori alle solite Luci Della Centrale Elettrica) o la copertina disegnata dal chitarrista degli Altro? Forse, ma solo il fatto che l'autore sia quel Carlo Pastore fondatore di Rockit, direttore artistico del Mi Ami, discografico con l'etichetta Sangue Disken e DJ col collettivo musicale dallo stesso nome, è ragione più che sufficiente.
Diciamolo subito: il libro vale pochino, dal punto di vista letterario. Romanzo di formazione vagamente autobiografico, specie di "Jack Frusciante quindici anni dopo", è una storia banalotta di noia provinciale, droghe leggere e speranze per il futuro, che sta alla letteratura come un brano del calibro di Frangetta de Il Deboscio sta alla storia della musica. A livello di scrittura c'è poco o punto da salvare e fra imbarazzante gergalità giovanile, aggettivi a (inutile) profusione e improbabili accostamenti sintattici, viene persino il dubbio che il manoscritto sia passato sotto gli occhi di un editor. Ma ovviamente non ci si può fermare al livello così superficiale: pensiamo davvero che il pur giovane Pastore scriva in questo modo elementare, ingenuo, spesso imbarazzante? Crediamo davvero che per l'esordio letterario la sua mente non sia riuscita a partorire nulla di meglio? Ovviamente no. L'opera va dunque inquadrata in un ambito più ampio, quello del progetto culturale che Pastore persegue ed esplica sulle pagine del blog e in alcuni video in tema che girano in rete. In quest'ottica la scrittura, caratterizzata da una descrittività ridondante che non lascia spazio al lettore e assegna all'autore la completa organizzazione del mondo oltre la pagina, si rivela veicolo di un ben preciso disegno egemonico di stampo carismatico-messianico. Così, quello che, a una lettura superficiale, appare come un "Moccia in salsa indie" si rivela a uno sguardo più approfondito il Mein Kampf di Carlo Pastore, un testo scritto in un linguaggio iniziatico che, nel suo essere o non essere compreso, marca da subito l'appartenenza o meno alla nuova ondata. Quelle che ad un adulto parranno probabilmente frasi vuote, finanche stupide, sono in realtà le parole d'ordine attraverso cui l'autore organizza le masse di adolescenti che al prossimo Mi Ami innalzeranno Se Fai Un Bel Respiro come fosse il loro Libretto Rosso, primo passo della strisciante rivoluzione indie-massonica che cambierà l'Italia negli anni a venire.
Il Carlo è il mio Pastore, non manco di nulla.