The Wyns – A Place Like This (Autoprodotto, 2011)

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Nota di colore che non c’entra nulla: credo che Luino, sul Lago Maggiore, il paese da dove provengono i giovani The Wyns, abbia sfornato vari comici tra cui Massimo Boldi e Francesco – è un diesel – Salvi. Venendo al gruppo, che debutta con questo ep dal nome A Place Like This, si nota una certa grinta, e leggendo la press sheet una discreta esperienza come cover band indie rock. Un background, però, che ha lati positivi e non pochi lati negativi. Purtroppo dopo l’entusiasmo e l’energia dalle tracce resta poco altro. La voce, se formalmente impeccabile,  è un po’ impersonale, difetto forse di molte band che hanno passato anni a coverizzare pezzi. Si avverte una strizzatina d’occhio, senza però mai degenerare nel plagio puro, a band acclamate quali Strokes o Artic Monkeys.
Sexcess sembra dare la giusta spigolosità al lavoro senza farlo troppo sembrare smaccatamente pop. Gli intrecci di chitarra a volte funzionano, altre sembrano un pelo pasticciati nello sviluppo. Spesso usiamo frasi come “non osano come dovrebbero, anche se i numeri ci sono”, beh qui forse avrei anche qualche dubbio sui numeri, pur essendo innegabile la buona volontà. Quante local band così nel corso degli anni ci siamo visti distrattamente a qualche sagra della birra o festival di Rock emergente o Emergenza Rock (quest’ultimo esiste davvero dalle mie parti), senza che il giorno dopo rimanga davvero qualcosa, se non un  mal di testa colossale? E qui che sta il dubbio, non tanto nell’onesta proposta della giovane band che, in questi contesti, potrebbe anche dare del filo da torcere ad altri. A dirla tutta un barlume di luce c’è, e si vede nella soluzione acustica prospettata nella ghost track in cui la voce non deve per forza far sentire che esiste, come fosse inconsciamente schiacciata e asfissiata dal peso dei nostri grandi cantautori connazionali che, uno dopo l’altro, devono per forza condire ogni strofa con versi primordiali stile uoah! e ayeah! per aizzare la folla.