the Children’s Hour – Going Home (Drag City, 2024)

Un disco nel 2003, allora the Children’s Hour erano un duo composto da Josephine Foster ed Andrew Bar. Poi vennero coinvolti in un tour come gruppo spalla degli Zwan, David Pajo inizio a prendere misure e ritmo alle loro canzoni ed in breve si unì alla coppia iniziando a far loro da batterista. Una cosa tira l’altra e finirono da Paul Oldham a registrare un disco che, per motivi a noi oscuri, forse non era il tempo o forse le priorità erano altre ma venne lasciato lì, a maturare per circa 20 anni.
Già, esce soltanto ora ed è freschissimo, colorato, bello.
Josephine canta con la gioia nel cuore, le seconde voci di Andrew Bar sono perfette ed il batterista…beh, ha tocco e presenza. Siamo dalle parti dell’indie rock più campagnolo, quello che si sposa col folk, col country e con le salopette, nelle domeniche di bella stagione da passar fuori dal granaio. Brani luminosi, ora vivaci, ora più cheti, ma sempre con una voce in evidenza, quella di una musa che riesce a tenerci con le orecchie puntate su di lei, cantante fuori dal tempo che da anni ormai ci ipnotizza. Facendo due calcoli ha passato più o meno metà della sua vita a comporre ed a cantare canzoni, rimanendo ancora personaggio misterioso, capace di sorprenderci ad ogni incisione grazie alle migliori armi che un musicista possa avere: cuore aperto ed anima. Passare tra le diverse canzoni è come sfogliare un album di fotografie: vestiti diversi, umori, intenzioni, ma la medesima classe, stile, personalità. Difficile dire a chi possano assomigliare, interessare o piacere the Children’s Hour: troppo curati, discreti forse? Non scherziamo, questo è il sale della musica, legame indissolubile fra territorio, ambiente e cultura: la cosa più bella che si possa ascoltare al termine di una biciclettata in campagna. Shelbyville, Kentucky, vi aspetta. Probabile si grigli, prepariamo l’insalata di cavolo e mettiamo in fresco la birra, chiedendo ai tre di tornare sul palco per una canzone ancora…