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Prosperina – Faith In Sleep (Maybe, 2012)

Musica abbastanza lisa e consunta quella dei Prosperina, ma per chi ama chitarrismi elefantiaci in un magma psichedelico potrebbe esserci di che banchettare. Gli altri passino oltre, ormai abituati ad anni di vacche magre nella musica pesante. Nome e copertina ad alto rischio pattumiera per questa band gallese che invece, musicalmente, ha una propria dignità pur senza far urlare al miracolo.

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Herba Mate – The Jellyfish Is Dead And The Hurricane Is Coming (Autoprodotto, 2009)

La grafica e le note biografiche mi facevano ben sperare per questi Herba Mate. Le radici emiliane accompagnate da un immaginario alla Guano Padano evocavano un' atmosfera alla Eraldo Baldini (Mal'aria, Gotico Rurale), un recupero e un'interpretazione insomma della tradizione e della cultura tra le più importanti del nostro paese. Molta curiosità quindi verso una supposta declinazione stoner della provincia raccontata da Guareschi come anche dagli immortali CCCP. Purtroppo invece, è stato solo un film nella mia testa, in quanto malinconia e recupero culturale si fermano soltanto nelle intenzioni.

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Psychocandy – Le Canzoni Dei Folli (Autoprodotto, 2006)

Buon prodotto di stampo tipicamente americano per questi quattro metallari del mezzogiorno che porano in giro il nome Psychocandy. Benché appunto si ispirino dichiaratamente a Melvins, Kyuss e Q.O.T.S.A. il cantano (o salmodiato) in italiano non è deprecabile come può sembrare ad un primo ascolto. Inevitabilmente si va a scontrare con un sound che con la nostra madrelingua ci sta come "spaghetti con maionese", ma si sa, l’inventiva nasce dagli azzardi e non dalla tradizione.

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Spock’s Beard – Octane (SPV/InsideOut, 2005)

Per carità, non vi inganni la pompa di benzina! Non siamo dinnanzi agli ennesimi imitatori dei Kyuss né tanto meno a nuovi inquilini di High Street. Magari! No, continuiamo piuttosto ad esplorare il variegato ed insidioso mondo della InsideOut, etichetta ormai prostrata alla scoperta e alla promozione del nuovo hype del momento: il tetra prog, il progressive in tetrapak. Biodegradabile, sano, colto, un filino pedante, ma pieno zeppo di svolazzi alla Versailles. Da un certo punto di vista mi sento ormai come Tex Willer con Mefisto o Alan Ford con Superciuk (ho pensato anche a Holmes con Moriarty, ma sarebbe stato esagerare).Ognuno ha la sua nemesi e, talvolta, la rivelazione gli arriva suo malgrado: io sono ossessionato dal tetra prog. Prismi strumentali in continuo movimento, sempre pronti a mostrarti una faccia diversa appena inizi ad abituarti alla precedente.

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