Xabier Iriondo – Irrintzi (Brigadisco/Wallace/Phonometak/Santeria e altre, 2012)

Il primo album solista di una delle figure più presenti, in molteplici vesti, nel giro indipendente italiano è certamente un evento, che viene onorato con un insolito doppio vinile in cui ogni disco presenta un lato inciso e uno serigrafato: sul primo troviamo pezzi originali, sul secondo cover. Ad accompagnare il musicista sono, di volta in volta, i compagni di tante passate (e future) avventure. L’operazione è ad alto rischio autocelebrazione, e in effetti la cosa non viene del tutto elusa, ma l’album riserva comunque qualche sorpresa. Irrintzi è concepito come un autoritratto che mostri le molteplici facce di Xabier Iriondo, così come le sue fonti d’ispirazione, sacrificando la scorrevolezza dell’ascolto a favore di un percorso a zig-zag che contribuisce a integrarne la discografia e la biografia, andando a colmare alcuni vuoti.

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Murder – Tu M’Uccidi (Autoprodotto, 2010)

Sorpresa sorpresa! I Murder ti ammazzano sul serio, ma né di noia né dalle risate. Al secolo Carlo Marrone e Sheson Delay (la nuova Cosey Fanni Tutti?) sono il murder duo bolognese che farà molto presto parlare di sé. A dispetto delle apparenze, le canzoni trasudano molto più di quanto non promettano nel set da "violenza domestica" di copertina. Dieci grammi di Daisy Chainsaw, una spruzzata di chitarre acuminate e una forte dose di esoterismo tra il macabro e il giocattoloso. Una band così dovrebbe ronzare intorno all'alveare di Bruno Dorella e Stefania Pedretti per tutta una serie di buone ragioni.

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Rollerball – Two Feathers (Wallace, 2009)

Ecco qui il "solito" disco dei Rollerball che è come dire il solito disco dei Portishead o dei Tortoise, infatti difficilmente scendono sotto il livello medio delle loro produzioni e quindi si parla di roba mediamente bella, come sempre. Per quanto non sia convinto del fatto che si tratti del migliore disco dei Rollerball (che forse è Behind The Barber) oltre che molto piacevole da ascoltare si tratta di uno dei dischi più semplici e più raffinati della loro carriera. La voce di Mae Starr suona sempre più fine, tanto come è vero che ogni tanti imbrocca delle melodie che lasciano al tappeto, come ad esempio il finale della quarta e la settima traccia (non scrivo i titoli solo perché il font simil egizio che hanno utilizzato non è il massimo della vita da leggere).

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Bachi Da Pietra – Non Io (Wallace, 2007)

Se Bruno Dorella fosse nato a Chicago, ora sarebbe sulla copertina di The Wire, abbracciato a Nick Horby, in posa entrambi mentre bevono Guinness direttamente dalla spillatrice. Se Giovanni Succi fosse nato a Tribeca, certamente avrebbe preso il posto degli Yo La Tengo nella colonna sonora di ShortBus, recitando poi poesie con Justin Bond nello stesso scellerato club. Ma ogni scarafone è bello a mamma sua: difendiamo la paternità della nostra musica e della nostra terra! Che poi, con tutto il retorico campanilismo delle altre recensioni, ci mancherebbe solo auspicassi la fuga di cervelli dei due artisti.

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