ŠKVÍRY & SPOJE – Hotel Spojár (Circum/Rieka, 2023)

A sentire Cracks, con i suoi tappeti armonici e la tromba volante collocheremmo la psichedelica onirica di Škiviry & Spoje in un territorio tex mex, mentre questa dolce litania viene da quel crocevia un tempo conosciuto come Cecoslovacchia, dove il quartetto ha organizzato questo doppio LP per festeggiare il loro decennale. Amano mischiare la loro proposta con scarti brutisti, facendo confluire nel loro impasto il risultato di quattro teste.

Michal Matejka alla chitarra, Petr Vrba all’elettronica ed ai fiati, Jozef Krupa come batterista e Dalibor Kocian al vibrafono. I brani sono suites estremamente lunghe che affascinano ed avvolgono fra ronzii d’insetti ed aperture drammatiche e teatrali come nel pre-finale del primo brano. Sembra musica distillata da oggetti d’uso comune, sui quali il quartetto riesce ad imporre un armonico disordine. Joints parte smooth jazz con elementi freee delicatamente rocamboleschi con inserti naturalistici che in qualche frangente mi hanno ricordato le azioni di Jeff Gburek nei suoi Inexplicable cute. 12/1 è un brano cauto, accennato, dove pare di essere catapultati in un minuscolo tinello nel quale un’orchestra in miniatura percuote e soffia in maniera sottile lasciando che il tutto si trasformi una musica magica come nei dormiveglia tra sogno e realtà. Room 66 è un cocktail che si trasforma in un incubo, come se al Mon Signor di Las Vegas avessero inasprito i toni e le sevizie sul povero Tim Roth. I quattro figuri sanno essere eleganti e spietati, quando decidono di mettere da parte le bizzarrie infatti confezionano con 12/2 un brano da pelle d’oca, cristalli rintoccati, ritmiche assassine, insetti e quella tromba. Finisse qui sarebbe un mezzo capolavoro quest’album, il fatto che ci riservino ancora una ventina di minuti di Ascent, colonna sonora ideale l’immediato post-mortem, lieve, sapido, curioso, imprevisto. Un album bellissimo, che sorprende, commuove ed emoziona.