qqqØqqq – A Lustrum Before Revelations (Casetta/È Un Brutto posto Dove Vivere /Toten Schwan/Contemplatio, 2021)

Stravolge la successione temporale l’ultimo lavoro del duo trevigiano qqqØqqq: registrato nel 2015, ben prima della pubblicazione di Burning Stones Of Consciousness, vede la luce a cinque anni dal concepimento (da qui il titolo), in un tempo quanto mai oscuro. Saltato l’ordine cronologico perde di senso il confronto col predecessore, ma poco male, A Lustrum Before Revelations è un disco che parla da sé, senza necessità di qualificarsi all’interno di n percorso evolutivo. L’alchimia che sta alla base del tutto è complessa: abbiamo l’elettronica a monopolizzare i ritmi, che richiamano certo minimalismo anni ’90 evitando la voluta inorganicità delle produzioni di allora, la chitarra che adotta occasionalmente cadenze circolari di matrice post-rock ma senza che il contesto possa dirsi tale, la voce dell’ospite La Piuma che dona trasporto e talvolta conforto, i synth, suonati da Mirko Volpe dei Murmur Mori, che mutano forma a seconda dell’atmosfera, ora sognanti, ora evocativi, ora inquietanti. L’altra metà del duo folk, Silvia Kuro, cura la copertina con una foto che dà forma visiva ai contenuti mutevoli e mutanti del disco. Dei tre brani, tutti sopra i 10 minuti e il secondo che sfiora i 20, l’iniziale R.I.H.T.M.A. disegna un moderno ambient folk che nelle melodie richiama, a tratti, Forndom, ma al quale la voce femminile e l’elettronica donano un tocco ancora più nordico e contemporaneo; A Lustrum Before Revelations – chitarra e ritmica sintetica – non alza eccessivamente i toni, ma trasmette una concreta sensazione di dramma, fra crescendo chitarristici che alternano pulito e distorto, attimi di stasi percorsi da scosse elettriche e derive post-core. Infine Hypotesis vede il ritorno della voce, studiatamente distante, che aleggia su passaggi dungeon synth e fredde cadenze elettroniche ravvivate dalle sei corde. A Lustrum Before Revelations, con le sue concrete meditazioni, le sue ritmiche incessanti che tuttavia non inducono trance e le vestigia rock ormai abbandonate, è un lavoro che ha senso nell’oggi, fra salutare estraneazione e profonda coscienza del dramma. Cinque anni fa non sarebbe stata la sessa cosa.