Come dicevamo, in generale quando si parla di Madcap si parla di folk o comunque di canzoni con tutti i crismi della canzone, affrontati in modo diverso a seconda del musicista ma canzone è e resta. A differenza di Rottin, Princesa si trova in ambiti tutt'altro che lo-fi e parlerei di canzoni ben rifinite, smussate e patinate in modo da essere ampiamente fruibili. Depressione che regna sovrana ma anche stralunamento, alla Nick Drake? Anche, ma direi che soprattutto quando le canzoni rimangono sulla ballata morbida, l'eredità sia quella di Arthur Lee o gente del genere, non dico che sia paternità verificata tramite esame del DNA, magari si tratta semplicemente di aver ereditato quel tipo di stile da altri che qualche bel viaggio sui dischi dei Love, dei Beach Boys e altra gente di quel periodo se l'è fatto. Anni '70 ma anche Beatles, ma non citazione (almeno credo), chitarra che spesso fa da traccia guida ma tastiere a tappeto o piano che non fa da pivot e a volte diventa prima donna, voce molto melensa e sul depresso andante tanto che mi ricordano parecchio la transizione che portò alcuni gruppi emo-core in direzione di un cantautorato dalla lacrima facile. Princesa rimane coerente alla musica ed alla copertina, tutto molto morbido e laccato anche se il marchio di fabbrica di una dimensione domestica delle canzoni (qualcunque cosa ciò significhi) permane e senza troppa vergogna. Con qualche arrangiamento in più, a tratti si sfiorerebbe la ballad pop e non è una cosa per nulla negativa visto che se c'è una buona qualità che non può esser contestata a Princesa è questa. Anche qualche folata da cantautorato psicehedelico in più non avrebbe guastato per nulla, forse avrebbe stemperato maggiormente i pezzi più lamentosi, ma resta che le canzoni, la voce ed il corpo del pezzo ci sono tutti. Un disco piacevole di ballate sul triste, andante, con un'idea musicale non troppo lontana da certe cose di Elliott Smith (anche se voce e produzione restano sensibilmente diversi per forza di cose).