In genere il catalogo Rare Noise non incontra i miei gusti, anche in quei casi dove non posso che riconoscere la qualità dei prodotti. Così, quando mi è capitato fra le mani il disco degli Owls, ho pensato subito al peggio: la voce calda e antica di Tony Wakeman (Sol Invictus e già nei Death In June) combinata coi freddi beat elettronici di Eraldo Bernocchi e Lorenzo Esposito Fornasari. Faccio ammenda: il disco è eccellente e cospargendomi il capo di cenere passo a parlarvene.
A grandi linee gli elementi in gioco sono quelli detti, le corde vocali e della chitarra dell’inglese e la tecnologia dei due italiani, ma la combinazione è di gran gusto e un’accurata calibratura delle varie parti evita accostamenti troppo stridenti. Così quando l’acustica è in primo piano l’elettronica si limita ad agire sullo sfondo, per prevalere nei pezzi dove le sei corde quasi scompaiono. La voce, quella si adatta senza problemi ad ogni situazione, ma è forse più corretto dire che sono le situazioni ad essere costruite intorno a lei, dando vita a una manciata di canzoni di qualità altissima, capaci di distanziare la più recente produzione dei Sol Invictus. Se quest’ultimi sono inevitabilmente evocati nei momenti più acustici, ad impressionare maggiormente sono quelli dove i battiti, l’elettronica e la chitarra sporca e vibrante di Bernocchi monopolizzano la parte musicale, accompagnando la voce lungo sentieri scurissimi, spiritualmente affini a quelli da sempre praticati, ma diversissimi dal punto di vista formale. Fatte le debite distinzioni stilistiche e di retroterra culturale, non siamo lontani dal Giovanni Lindo Ferretti del sottovalutatissimo Co.Dex, album che non a caso vedeva ancora Bernocchi nel ruolo di signore delle macchine. Speriamo che almeno The Night Stays possa trovare lo spazio che merita, magari sfruttando la voglia dei fan di risentire la voce di Wakeford, anche se in contesti inconsueti.