Noise Cluster (And Friends) – Medusa, Who Else? (Gattoalieno, 2022)

I gatti, sin dall’antico egizio, sono chiaramente un bug alieno venuto a contatto con noi umani. Lo certifica anche Walt Disney nel 1978 con Il Gatto Venuto Dallo Spazio, poi due fronti, dal Piemonte i fratelli Opalio con My Cat Is An Alien e da Roma Flavio, Der Bekannte Post-industrielle Trompeter e Xxena (Arianna Degni Lombardo), qui ancora insieme come Noise Cluster.
La coppia, accompagnata da fedeli amici, rilegge il mito di Medusa, la Gorgone, un essere mostruoso che in questa accezione  viene “…come vittima la cui storia fu falsata per servire meglio la cultura patriarcale”. Questa visione cozza con il mio ricordo, essendo stato impiegato nel ruolo di Perseo in una recita ai tempi della scuola elementare ed essendomi costruito un certo immaginario. Rileggendo però i miti greci con mia figlia la misoginia e l’imbarazzante comportamente degli Dei dell’Olimpo balza subito all’occhio e non mi sorprendo più di tanto a riguardo. Il disco, incorporeo e digitale a livello sonoro ma costellato da un poster stampato su carta riciclata nera, inizia con una serie di frammenti sonori, intitolati snippet, a presentare i personaggi della storia ed i brani che seguiranno. Poi si parte all’avventura, con Meet Medusa, brodo ambientale che scaldansosi muta forma, voci all’orizzonte,  tromba, un mondo sulfureo, lontano, alieno nel linguaggio e nel ritmo che definisce il campo da gioco e le regole di quello che dovrebbe essere uno scontro. Medusa racconta la propria storia, spiegando il falso mito costruitole addosso: “…Evil creature I am not! All my victims come in search of me. False heroes seek fame by killing me. Thinking I’m their prize. Questions won’t arise.” Klarita Pandolfi Carr regala un’interpretazione cruda della Gorgone che, nuda e pura, si offer a noi. Fabio Magnasciutti e  Yukichan dipingono una greve prigionia di Medusa, mentre Flavio dipinge scenari lunari soffiando sotto i beat marziali allorizzonte. Uno stacco strumentale come The Gorgons, quasi angelico o comunque ultraterreno nella delicatezze delle voci che si fanno ininteleggibilmente melodia, sciacquate nell’acqua che si può supporre limoida come loro. Poi il beat, digitale, quadrato: una catena, una costrizione, una decadente perdita dell’innocanza, quasi una profanazione umana del loro mondo. In Death By Stone KimsonJa scava con la propria voce sotto tocchi che sembrano quelli elastici neri, il dolore fatto suono. Bulbi ed archi che accompagnano una lirica straziata che appare e scompare e che di fatto è l’ultimo vagito di una creatura ormai lontana, che mai fu compresa durante la propria vita. In Perseus, Not A Hero Arianna e Kimsonja ci regalano un ritratto drammatico e losco di Perseo, marionetta in mano a dinamiche che non poteva comprendere ( il re Polydectes lo aveva inviato in loco per avere campo libero con la madre), invasore in una terra ed in un nucleo che non gli erano di competenza. L’alternanza fra inglese e tedesco da ulteriore pathos alla preparazione della scena madre, quasi straziante quando sul finale si odono quelle che sembrano grida. Pegasus chiude strumentalmente nervoso ed amaro una partita che si rivela immersiva e totalizzandte, capace di farci entrare in un mito, viverlo e rileggerlo, senza aver paura di chiudere gli occhi.