Maurizio Inchingoli – Scrivere di scrivere. Musica. Carta.

D’un tratto, faccio due calcoli. Ottobre 1995 Rumore, settembre/ottobre 1997 Blow Up. Il mio battesimo
con le riviste musicali italiane a livello mensile. Bisca99PosseIncredibile Opposizione Tour 1994, Buddha StickInaudito 1996, De GlaenBlack Album 1996 i primi dischi italici indipendenti o comunque connotati. Nomeansno, Fugazi, SNFU, Jawbreaker, Bad Religion, la dote riportata da mio fratello da un anno di scuola a Vancouver, British Columbia, 1993-1994. Si legge, si acquista, si cresce, si approfondisce. 200 e più pagine al mese, ai due media si aggiungono senza soluzione di continuità Rockerilla, Buscadero, Aelle, Biz, Equilibrio Precario, Mammamiaquantosangue, Solar Ipse, per un’infinità di parole che lasciano trasparire suoni. Poi, nel 2017, se la memoria non mi inganna, vengo a sapere dell’idea di Maurizio Inchingoli (che ai tempi seguivo assiduamente com lettore all’interno di The New Noise) di darsi alla scrittura cartacea per un libro. Tema, le riviste musicali italiane. Beh, pane per i miei denti insomma! Musica Di Carta (50 Anni Di Riviste Musicali In Italia) esce per Arcana, prima edizione settembre 2022. Non so come stia andando a lvello di vendite (è una cosa che mi ha sempre intrigato ma, come mi ha riferito Maurizio, toccherà aspettare aprile per avere i primi riscontri) ma, il 14 gennaio ha scalzato Cani Che Cagano 2023 nella classifica di Articoli più venduti in Storia e critica della musica su Amazon. L’ho letto, girato e rigirato, cercando di decifrare tutti gli artisti ritratti in copertina (vabbé, Method Man e La Pina, Beck, Lyle Lovett, Debbie Harry, Mina, Rufus Wainwright, Lou Reed, Dee Snider, Bruce Springsteen ed il suo gemello monozigote, Stars, Anthony Braxton, Lucio Dalla, Janes Addiction, Paul Weller e Primal Scream). Poi ho, ovviamente, pensato di chiacchierare con l’autore, per capire come fosse nata la sua idea e che tipo di percorso avesse iniziato con quest’opera. Non vorrei dilungarmi prima dello scambio che abbiamo avuto, ma vorrei dire la mia, velocemente, sulle pagine in questione. È interessante captare come le pagine stampate siano un medium che ha attirato pensieri ed idee molto differenti fra loro, così come le energie che queste pagine hanno contribuito a riempire. La Musica è un campo enorme, lo scriverne con impegno denota passione, dedizione, amore. Ci si fa nel migliore dei casi portavoce e promotori di opere artistiche, nel peggiore lo si stronca, alzando il proprio tono a torto ed a ragione. Si giudica, si critica, si crea un percorso di credibilità e di mutuo rispetto tra musicisti, etichette, uffici stampa, pubblico e lettori. Non è sempre facile, non tutti rimangono contenti di questi scambi, a volte girano ingiurie, in casi molto rari schiaffoni, dissing e citazioni che rimangono nella storia della musica. E’ un libro che apre porte polverose nella nostra mente, un libro che riesce a riconnettere ricordi e pezzi di vita (nel mio caso una lettera a Corwood Industries, la prima Playlist pubblicata su Blow Up, uno stralcio di una mia recensione su Nziria ripresa su Rumore, il primo album di Soft Black Star recensito su carta, una recensione su Caffè & Cadillacs degli Elle su Rumore che mi fece infuriare, querelles sugli spazi e sulle divisioni italiane ed estere), il periodo di Johnny Polemica. Pagine di vita, che Musica Di Carta ha risvegliato. Solo per questo, per me, un libro necessario.

SODAPOP: Maurizio buongiorno, come stai? Siamo qui a provare a parlare di parole e di musica, quindi di gesti e di suoni. Ti ho conosciuto anni fa come vergatore di acute recensioni (con gusti parecchio simili ai miei di norma) e ti ritrovo come scrittore di un libro che va a rappresentare e ad interrogarsi sullo scrivere di musica. Partirei quindi dalle basi. Hai mai suonato qualcosa, anche in tenera età? Quando hai iniziato a scrivere in libertà? Cosa? Cosa stai leggendo ed ascoltando al momento?
MAURIZIO: Assolutamente no, non so suonare neanche il triangolo. Questa domanda in passato mi è già stata posta e colgo l’occasione per ribadire la mia idea sul “tipo che scrive di musica” secondo me, anche perché non voglio rubare il mestiere a chi lo fa più seriamente di me ed è anche pagato. Peraltro situazioni simili accadevano già in passato, quindi non è certo una novità se in tanti che scrivono di musica poi non sanno suonare nulla. Una delle prime cose che ho scritto fu la recensione di un film, credo fosse di Ken Loach, per un giornalino locale di Sinistra. Poi ho cominciato a scrivere recensioni, o almeno credo così fossero, di musica, libri musicali e cinema per un sito web poi defunto che si chiamava Tragittisonori, per circa due/tre anni. Successivamente ho rotto le scatole, quasi letteralmente, prima a Blow Up, così avevo la scusa per avere tanti accrediti ai concerti, poi al team di Audiodrome, altro sito specializzato in musiche alternative con base a Trieste che è diventato The New Noise, attivo tutt’ora e al quale credo di aver dato un grosso contributo, sin dalla nascita. Poi, come succede ad alcuni genitori che amano il figlio, o a certi zii che adorano il nipote, l’ho abbandonato e lasciato crescere con altre persone per fargli fare la sua strada. È giusto così. Ora, quando ci riesco, pubblico qualcosa per Il Giornale della Musica. Ho appena finito di leggere un bel libro sulle gesta di Peter Steele dei Type O Negative uscito lo scorso anno per Arcana e mi accingo ad affrontare un nuovo mattone, e cioè Si Può Solo Dire Nulla, libro contenente interviste a Carmelo Bene appena pubblicato per i tipi de Il Saggiatore. Ne approfitto per sottolineare il fatto che, secondo me, Bene è stato molto più rock di tanti “fenomeni indie” di casa nostra e non solo. Sto ascoltando pochissima musica nuova, purtroppo, giusto un paio di cose inglesi, tipo i Dry Cleaning e i Benefits e tanta musica degli anni Novanta/Duemila, questo perché sono un inguaribile nostalgico.

SODAPOP: Ne approfitto per prendere appunti, i Benefits già mi erano sfuggiti! Ti dirò che, inizialmente, quando mi avevi parlato del tema del tuo libro, Musica di carta, 50 anni di riviste musicali in italia (edito da Arcana) ci ho messo qualche tempo ad elaborare il pensiero che ci stava dietro. In seguito, ripercorrendo storicamente la creazione della mia discografia e pensando ai nostri scambi epistolari (ho ricontrollato, aprile 2013 su imbeccata di Nicola Giunta per le prime produzioni OBR), la musica e l’informazione immagino siano una parte centrale della tua esistenza. Nel libro parti da una premessa, un’idea del 2016 che si trasformò in un primo articolo in due parti per TNN intitolato “Il futuro della carta è ora. Indagine sull’editoria musicale di casa nostra”. Ma vorrei tornare più indietro: la prima rivista musicale tua, giovane con i blue jeans grigi e Metal Shock nella tasca posteriore oppure ascoltatore trasversale da Rumore ed Aelle? Nella premessa parli della metà degli anni ’90 e di un’edicola
già bella fornita… come ti sei fornito? Che tipo di lettore (e ascoltatore di conseguenza) sei stato
inizialmente?
MAURIZIO: La mia è una storia che ricorda tante altre, ovvio. A quei tempi Internet era ancora per pochissimi, semplicemente andavi all’edicola del paese o città e acquistavi quello che trovavi. Certamente la distribuzione funzionava piuttosto bene se potevi trovare un bel po’ di riviste. Io ho iniziato con quello che c’era, quindi Rockstar e poche volte il Mucchio Selvaggio, che personalmente ritenevo troppo legato a una forma di rock che ho amato meno, U2 e Bruce Springsteen per dirti… mentre il primo acquisto consapevole e di fortuna fu un numero di Rumore nel 1994 coi Soundgarden in copertina. Da lì, a furia di rompere le scatole all’edicolante, iniziai a comprarlo sempre, continuando per qualche anno con Metal Shock (che m’interessava non certo per l’ennesimo articolo sugli Iron Maiden, ma perché ci potevi anche trovare i Kyuss, i Type O Negative, i NOFX o gli Helmet e gli Unsane) fino a trovare già a fine 1998/inizio 1999 i primi numeri di Blow Up, cosa rara da vedere in una piccola edicola di paese. Io ho iniziato da bambino ad ascoltare la radio locale, odiavo Lucio Battisti ma poi per fortuna mi sono rinsavito, a vedere ore e ore di musica in tv, prima con DiscoRing, l’Orecchiocchio, poi DOC e DeeJay Television, poi con Videomusic o MTV, che passava in chiaro in un canale che ora non ricordo, e quindi fino a notte fonda a vedere Alternative Nations con Toby Amies o Headbanger Ball’s ed Into The Pit con Vanessa Warwick, col taccuino in mano dove segnavo le band che ascoltavo. Sono partito ascoltando Queen, Led Zeppelin e Black Sabbath, per arrivare al grunge, ai Nirvana, e poi la fase italiana che è durata poco, tutt’ora apprezzo soltanto i CSI ed i Massimo Volume, per ampliare ad elettronica, prima Underworld, Chemical Brothers, i Drexciya, poi tanto rock, anche alla radio, su Planet Rock e Suoni e Ultrasuoni, fino al post rock (galeotto fu l’aver scoperto la fanzine Equilibrio Precario e un programma radiofonico bolognese chiamato Sugar And Spikes), compreso quello delle nostre parti, per poi perdermi letteralmente in cose indie e misconosciute che però grazie a Internet ho avuto modo di scoprire. i dischi li compravo per posta, tramite distributori come Wide Records, Nannucci, Sweet Music, I Dischi del Mulo o quando capitavo, a Roma da Disfunzioni Musicali o a Bologna da Underground. L’idea del libro nasce appunto da quel paio di articoli che ricordo ebbero un discreto numero di lettori, insomma se ne discusse in giro e la cosa mi fece piacere. Quando però cominciai a scrivere Musica di carta che inizialmente si doveva chiamare “Music Paper”, mi resi subito conto che l’operazione poteva dare molte difficoltà, sia in fase di stesura che dopo, e infatti così è andata. Magari pecco di presunzione, ma avevo previsto tutto ciò, dunque ero e sono ancora estremamente consapevole di aver messo su un’operazione editoriale parziale e financo “rischiosa”, se vuoi ti spiego perchè…

SODAPOP: Beh, a questo punto volentieri, dicci pure che tipo di progetto era in partenza e che visione ti eri fatto a proposito. Da parte mia ti dico, le voci che sentivo erano relative al “perché farlo”? Ma immagino ci sia altro. A te la parola…
MAURIZIO: Sul “perché” è presto detto: ci sono tanti tipi di libri, compresi quelli sul club delle giovani marmotte, perciò perché no un libro sulle riviste musicali? Non a caso, ne avrebbe scritto uno in forma di bignami proprio Luca Frazzi di Rumore solo lo scorso anno, ma lo aveva in mente da tempo, ne parlammo al telefono e di persona proprio nel 2018, e a suo modo lo aveva fatto, anche se parzialmente, lo stesso Max Stefani de Il Mucchio Selvaggio nel suo discusso In Rock We Trust. L’argomento, di fatto, era e resta tutt’ora poco raccontato e analizzato, ritengo sia un vero peccato. L’idea iniziale in fondo non è cambiata tanto: Musica di carta nasce come raccolta di testimonianze di chi i giornali li aveva fatti, ci scriveva ed aveva pure investito dei soldi, la parte difficile è stata convincere alcuni di loro, non tutti per fortuna, a parlare delle esperienze passate, tenendo ben presente che io sono e resto quasi un signor nessuno, non scrivo mica per Il Corriere o La Repubblica! In realtà è proprio grazie a questo mio essere più distante da certe storie che ho potuto usufruire della pazienza e dei racconti dei tanti che ho intervistato. Per dirla tutta, ci sono stati giornalisti che si sono detti disponibili a collaborare e poi hanno rinunciato, altri che non hanno risposto alle mie mail e messaggi, altri ancora che proprio non ne volevano sapere. Ci sta… tra ripensamenti, rifiuti di un paio di case editrici, riscritture, rinunce, file word del libro che a un certo punto non si apre più, costringendomi a riscriverne una parte, alla fine mi sono detto che non mi andava proprio di rinunciare a questa pubblicazione, sarebbe stato come buttare all’aria cinque anni di sbattimento. A un certo punto pensavo di mettere il tutto a puntate su un sito web, ma poi grazie ad un consiglio sono arrivato ai tipi di Arcana ed eccomi qui a parlarne con te.

SODAPOP: Ed il prossimo passo (oltre ovviamente ad aprirne una) quale sarà? Immagino che tra ricerca, approfondimenti e stesure siano uscite diverse derive interessanti. Cosa ti ha sorpreso o smitizzato? Quali saranno i prossimi passi del Maurizio Inchingoli letterario?
MAURIZIO: Di fare un sito mio, se ho capito bene, l’idea non mi passa neanche per l’anticamera del cervello. Ormai, come sai bene, scrivo poco e infatti nell’anno appena trascorso ho pubblicato un solo articolo per Il Giornale della Musica, era troppo importante portare a termine il mio progetto. La ricerca, lunga, faticosa, dispendiosa, a volte pure estenuante e piena di incognite, ha portato sostanzialmente a fare belle conoscenze, anche di persona come accennavo, e ad avere sempre più dubbi per quanto riguarda l’esistenza delle riviste, ormai le comprano solo coloro che hanno superato i quaranta, le firme che campano solo di giornalismo musicale in Italia si contano sulle dita di una mano, ma sono anni che la situazione è questa, questo è un Paese dove la cultura non viene quasi mai apprezzata e valorizzata per davvero, figurarsi per un mondo che viene considerato alla stregua di un hobby. Devo dire che nutro dubbi anche su molti siti Internet a dire la verità, tanto forte è il ruolo dei social network, che rischiano di schiacciare ancora di più entità-sorelle come i blog, più o meno articolati, persino i siti meglio organizzati soffrono un poco secondo me. Questo però è un altro discorso che si potrebbe magari affrontare in una nuova pubblicazione, chissà.

SODAPOP: Nuova pubblicazione che di sicuro aspetteremo! Maurizio, ti ringrazio veramente per la bella chiacchierata e chiudo con l’ultima domanda: c’è qualcuno che ti è sfuggito per questo libro e che avresti voluto intervistare o qualche personaggio sul tuo taccuino delle note di cui vorresti approfondire la storia (non per forza legato alla musica in questo caso)? Di norma ai musicisti chiedo una scaletta per un festival immaginario, con te vorrei invece immaginare un evento letterario, ti chiedo quattro nomi.
MAURIZIO: Avrei voluto intervistare Carlo Massarini e qualche nome importante di gente che ha scritto per Gong e Muzak ad esempio. Ti confesso che mi piacerebbe leggere un libro sui miei amati Melvins, una band che reputo fondamentale per il rock mondiale dagli anni Ottanta in poi. Ti confesso una cosa: anni fa, quando scrivevo per The New Noise, pensavo spesso al fatto che mi sarebbe piaciuto proporre una tavola rotonda tra critici musicali di ambito indie-rock/underground in qualche aula dell’Università, per fare il punto della musica raccontata su Internet, poi mi sono detto che sarebbe stata una sciocchezza e sai perché? Perché, come successo con questa mia ricerca sulle riviste, ce la saremmo cantata e suonata da soli, il mondo là fuori non è più fatto per i dibattiti e le discussioni sulle scene musicali, gli anni Settanta sono passati da un pezzo, è fatto invece di chiacchiericcio e di prodotti, più o meno interessanti e fatti bene, da piazzare sul mercato, grande o piccolo che sia. Io stesso non mi ci vedo più in questo mondo di oggi, perciò preferisco rifugiarmi nelle ricerche storiche, in ascolti che mi danno sicurezza, con la consapevolezza che, ancora una volta, il mondo là fuori va avanti benissimo anche senza di me.
Voglio chiudere ringraziando ancora una volta chi ha collaborato al libro e chi ne ha scritto e ne scriverà
ancora.

Leggete, ascoltate, scrivete se ne avete voglia o vi sentiate ispirati. Durante l’introduzione di questo
articolo ho ascoltato Pretty On The Inside delle Hole.
Grazie Maurizio.