Mandy, Indiana – I’ve Seen A Way (Fire Talk, 2023)

Sto ascoltando la prima traccia del debut album di questi ragazzi. I primi singoli mi sembravano molto interessanti.
La prima traccia purtroppo mi fa cadere le palle,quasi quanto l’ennesima news su amnistie, sconti, salvataggi della Solita Nota calcistica che mi rimbalza dal cellulare mentre degusto questo ottimo caffè inglese all’aroma di lucertola morta. Siamo in piena new wave. No, pietà, in pieno 2023 la new wave anche no.
Non faccio in tempo a dipingere nell’aria “voli imprevedibili e ascese velocissime” (di madonne), che inizia il pezzo numero due e in contemporanea mi arriva la breaking news che Silvio, proprio quello lì, non c’è più.
Cerco di rimanere calmo senza partire a razzo dal parcheggio e mettermi a clacsonare per tutta Bristol come se la mia squadra avesse vinto lo scudetto.
Sarà un caso, ma da quel momento ogni traccia dei Mandy, Indiana diventa una meraviglia.
Perfino il cantato in francese di Valentine diventa digeribile e consono ai pezzi. Dal vivo spero siano uno spasso, tipo i Black Midi che su disco non mi sono mai entrati ma che hanno fatto una jam circolare alla Boredoms a Bristol da leccarsi i baffi. Non vedo l’ora di beccarli in un live, anche per capire quanto della bellezza di questo gioiellino di personalità e di creatività sia merito del missaggio by my dude Robin Stewart, ovvero la metà “industrial” dei Giant Swan. Percussioni a pioggia, di quelle che più le fai correre e più vorrebbero correre con te, echi di LCD Soundsystem, di roba cinque stelle della DFA alla Rapture, ci sento pure i Suicide pensa te. E mi fermo qua, sennò potrei dire persino qualche nome che c’azzecca. Due testi in francese sono estratti da Baudelaire, “Invito al viaggio”.
Non mi resta che partire sputazzando i resti del caffè’ fuori dal finestrino,pensando felice all’invito al viaggio che avrei fatto a Silvio se lo avessi beccato almeno una volta da vivo.
E invece no. Ma intanto parte lui e non parto io. Spiaze.