Maddie Morris – Skin (autoprodotto, 2024)

Ascoltando il disco di Maddie Morris, già giovane speranza inglese (vinse nel 2019 il BBC Awards come Young Folk Musician, seguito dall’ep Upstream del 2022) mi faccio delle domande sulla concezione della musica folk. Musica tradizionale? Musica di protesta? Musica legata alle proprie radici? Iniziare un debutto con un brano intitolato Marsha P Johnson dice già molto del personaggio, più che della sua concezione sonora, che esce pian piano fra le tracce. I campi verdi di Cedar Swamp sono coltivati con secoli di tradizioni, di balli e canti, con una fioritura che si prende anche le seguenti canzoni. La voce di Maddie è ampia, sembra abbracciare un mondo intero ed il seguito strumentale, che ondeggia fra le striature più folkloristiche ma sa declinarsi seguendo il suo songwriting, creano un tessuto impagabile. Ascoltate ad esempio The IT teacher, fra laghi di archi ed una voce che va a perdersi nella melancolia, una frase dopo altra, dividendosi fra ciò che è amore e ciò che tocca prendersi. Quando poi la voce si mostra nuda, prima che inizi Wee Weaver, è da brividi. Senza tempo, vicina ad un mondo generale e flocloristico che è del passato, che rifugge sistemi e livelli, andando dritto al sodo sfruttando le corde vocali e l’immaginario culturale. Si vola altissimi, senza paura di cadere mai. Il disco è stato registrato e prodotto da Pete Ord al Sunbeams Music, uno spazio di registrazione e di musicoterapia nella Cumbria che, solo guardando alcune immagini, sembra essere punto energetico che di certo si è trasferito alle manie ed alle corde vocali di Maddie. Skin contiene dieci canzoni che entreranno nel vostro cuore. Skin è un disco sincero, toccante capace di dare i brividi. Da suonare e risuonare, mandandolo a memoria, tramandandolo e consigliandolo a chi ci sta vicino.