Lost (Songs) in Leominster, tra Tupperware e hardcore

Scostare la tenda della finestra è quasi un rituale quando piove, ripetuto in maniera ossessiva, con il vetro scalfito, ogni volta, da qualche nuova goccia. Leominster si confonde ancora di più nel grigiore autunnale, le sue 40mila anime ancora una volta dimenticate, come quando arrivò il declino dell’industria che, da queste, parti la faceva da padrona. Tupperware, pettini di celluloide, occhiali? Certo, tutto ciò e anche di più: hey, amico, sei in America, e proprio qui nel cuore del Massachusetts questo dava da mangiare a qualche generazione di operai e permetteva di mandare a studiare i figli al college. Il più vicino era a un tiro di schioppo, proprio a Fitchburg, una manciata di miglia.

“Passami a prendere alle 8 davanti al negozio dei miei”
“Ok, Steve e salutami tua madre, la mia dice che un giorno passerà a salutarvi”

Siamo in due su questa vecchia Buick Skylark color menta metallizzato: la statale 12 ci inghiotte e ci conduce dove più di vent’anni fa iniziammo il college. Non eravamo pronti per qualcosa di grande: lo eravamo stati. Finita l’high-school avevamo formato gli HatchetFace ma era da anni che noi, le nostre belle cose, le avevamo dette. Gli anni 80, sì, il punk-hardcore, cosa credi che non ci vada matto anche adesso? Ma se scoprissi cosa hanno dato alla scena i primi anni Novanta, ti assicuro che ne serberesti in seno un gran rispetto. Suoni violenti, cupi, pesanti, metallizzati, intensi, sconnessi, sperimentali. Erano tante le band che giravano qui per il Massachusetts, alcune anche famosissime ora, i Converge ti dicono qualcosa? C’è qualcuno che dice che siano diventati quel che sono, oltrepassando il pur bello “emo-slayeriano” degli esordi per merito nostro. Sì, perché c’eravamo noi: i BOUND.

Stasera io e Nick andiamo a suonare con gli altri, festeggiamo un nostro demo, riportato alla luce ora, anno del signore 2018. Ma la musica è di 24 anni fa e suona urgente e ispida ma terribilmente lucida anche se non eravamo altro che dei ragazzini del liceo, che tiravano fuori idee e rabbia per venire fuori dal buco di culo di provincia che una deindustrializzazione forzata stava uccidendo.
Ci fa un effetto strano suonare, a più di 40 anni, alcuni vecchi pezzi. Siamo padri, professionisti, qualcuno ora disoccupato. Non andiamo in tour come tante band che comunque rispettiamo: siamo dei dannati nostalgici di quegli anni che ci facevano gridare e sudare. E che ora ricordiamo guardando fuori da questi vetri gelidi mentre arriviamo al club. Anche a Fitchburg piove, mentre le vecchie fabbriche abbandonate si stagliano all’orizzonte.