LA BENNE – Deux mois dans la d​è​che Disque 1 (la Benne, 2023)

Suoni acidi e bulbosi, voce femminile italica recitante, La Benne si presenta nel migliore dei modi. Progetto estemporaneo di Cheb Samir, Maria Violenza, Sépi e John Caldera (che si è occupato anche delle registrazioni) rientra nel solco della grande triple alliance e produce una sorta di desert rock mediterraneo, a stringere Italia, Francia e Nordafrica in un grumo di suono. L’utilizzo di diverse lingue e voci, italiano, francese e tedesco rende La Benne progetto trasversale ed avvolgente, quasi una grande carovana colorata e bizzarra, in quella terra di nessuno fra cabaret, circo, freak show ed avanspettacolo che, ne siamo certi, piacerebbe ad un visionario come Alex de la Iglesia.

Gli elementi e gli stili si mischiano senza un’apparente soluzione di continuità proprio come in una benna, od un cassonetto che tutto accoglie, con la differenza che qui c’è un gran lavoro di elaborazione che trasforma rifiuti in preziosi e fumosi gioielli. Fumo, fumo ovunque, come ai tempi in cui la creazione di un atmosfera equivoca andava a scapito di qualche polmone, roba che le nuvole al gusto lampone o menta di oggi lasciano il tempo che trovano. Brani ammalianti come Discorde che lasciano esterrefatti, quasi fossimo nella bocca del nostro inferno preferito. In Lento Violento torna il teutonico idioma, Maria Violenza a librarsi sulle note psichedeliche come una novella Stacia des jahres 2023. Meek (Joe?) rimembra invero più Raymond Scott che il compositore inglese, come se le sue composizione fossero rimaste per degli anni sotto formalina e nonostante questo brillassero ancora sotto la loro patina grigiastra. C’è ancora tempo per una chanson française di quelle da brezza e pioggerella, impermeabile e gitanes, Moi j’te le dita potrebbe essere una b-side di qualsiasi cantautore francese d’altranni. Poi spiaggia ye-ye ed ancora malinconia, con una Vite Bebé che sembra ricordare alcune cose di Françoize Breut. Un disco onesto, sincero e follemente sorprendente, esattamente come una taverna dall’entrata equivoca, oltre la quale non sappiamo che aspettarci ma di sicuro troveremo amore, vino, calore e lacrime. Non è questa forse la vita? Non è forse questo la musica?