Johnny Grieco detto “il bello” incarna perfettamente l’eroe tragicomico impersonato da Mickey Rourke nello stupendo The Wrestler, con l’attenuante che, a differenza del malandato lottatore, il nostro Gianfranco non si piega (o non si piaga) per sopravvivere ad un presente implacabile ed incomprensibile, ma al contrario si ostina a lottare e scalpitare per trovare una propria dignità (o indegnità) nel caos definitivo che anticipa il crollo della galassia centrale. Io lo stimo sinceramente Johnny il bello.
Lo ammiro perché fa manifesto dell’essere una “promessa mancata” e, nonostante l’oltre mezzo secolo alle spalle, non si dà per vinto, ma sputa, sbraita, latra alla luna, non da un patetico piedistallo di MTV, ma dalla periferia, dagli spigoli, dai bordi, forse, di ciò che resta di se’ stesso. Leader dei Dirty Actions nei tardi settanta-ottanta, proto-wave-punk band genovese, che non ha avuto la fortuna di incidere quanto avrebbe meritato, fino ad un lungo silenzio duranto fino a pochi anni fa. Poi una nuova carriera solista, una nuova incarnazione dei Dirty ed un continuo divenire e mutare che ancora non si è placato. Come dice Lemmy: “Se non vi piace il rock ‘n’roll, non è una questione di gusti. E’ un problema vostro!”.
SODAPOP: A 52 anni suonati, cosa senti ancora il bisogno di dire artisticamente? Cos’è l’affanno d’artista che da’ il titolo all’ultimo disco?
JOHNNY: Quello che non ho detto in tutti questi anni di esilio forzato. L’affanno deriva dalla “fame d’aria” che si prova quando si ha una crisi d’asma. Da bambino ne soffrivo e dovevo stare spesso a letto. Un piccolo raffreddore e almeno una settimana a letto: è stato un vero e proprio incubo. Oggidì c’è una grande fame d’aria. Enorme, da paura.
SODAPOP: Non pensi mai di risultare patetico mostrandoti in quelle pose plastiche (copertina interna di Affanno D’Artista) tutto sbracciato e tenebroso?
JOHNNY: Sono ancora una bella figa, attempata ma piacente, con tutti i suoi capelli originali in testa anche se tinti, perché dovrei nascondere questo ben di dio e mortificarmi come una suora? Non lo fa la Ventura devo farlo io? Finchè sculettano Iggy Pop e Mick Jagger che hanno una decina di anni più di me perché non dovrei farlo anch’io?
SODAPOP: Poco tempo fa mi hai detto (cito a braccio, correggimi le imprecisioni): “I miei idoli erano Iggy e Bowie: bisogna puntare al massimo per essere illustri mediocri”. Una frase molto interessante. E’ il motto della tua vita?
JOHNNY: Più che idoli erano riferimenti. Comunque certo, confermo. Tanto decideranno i posteri sulla mia eventuale e presunta mediocrità, non sarò di certo io. Potrei anche diventare un messia. Perché porre limiti al peggio?
SODAPOP: Che ne pensi del percorso artistico degli artisti genovesi tuoi coetanei? Mi viene in mente Bobby Soul come Quadrelli o Ceccon, ma citane pure altri di riferimento se preferisci. Anche non strettamente liguri.
JOHNNY: Ne penso bene, avere una propria credibilità e non mollare mai è fondamentale di questi tempi. Contrariamente a 30 anni fa dove era indispensabile e impellente liberarsi dalla vecchia guardia e uccidere il padre o entrambi i genitori per potersi esprimere, oggi rifarsi al passato e rifugiarsi nella cultura di fine anni ’70 primi ’80 pare essere una possibile e valida via d’uscita. Quindi esserci ancora è una garanzia per le nuove generazioni. Quando poi decideranno di buttarci a mare, sempre che abbiano le palle per farlo, accetterò di buon grado.
SODAPOP: Che ne pensi della scena musicale indipendente italiana. Odierna intendo. E di quella genovese in particolare? Non la trovi molto fertile? O era meglio ai tempi del prog?
JOHNNY: Il prog era figlio di quel periodo, una scelta obbligata nell’Italia degli anni ’70. Allora non c’era altro e non c’era scelta se volevi essere alternativo e ti sentivi diverso. ELP, Yes, Genesis, Jethro Tull insieme a Jimi Hendrix e Woodstock. Mettere su un gruppo prog era molto difficile perché se sapevi suonare solo tre accordi non ti cagava nessuno, avevi bisogno di solide basi musicali classiche o jazz e avere una notevole padronanza dello strumento. Sì la ritengo molto fertile e molto, molto perfino un po’ troppo popolata e con il rischio della solita deriva cantautorale. Nulla contro i cantautori ma sarebbe l’ora, dopo 30 anni, di fare e osare altro. In ogni caso un ottimo segno.
SODAPOP: Raccontami brevemente una tua giornata tipo. Ti masturbi spesso nell’arco delle 24 ore?
JOHNNY: Dipende dalla frequenza degli amplessi e poi non ho più 14 anni quando per riuscire a concentrarmi per studiare dovevo ammazzarmi di seghe. Direi che mi attesto sulle 4-5 seghe alla settimana. Non ho una giornata tipo a parte le otto ore lavorative, faccio sempre mille cose e ne progetto altrettante. E’ il modo migliore per non impazzire ed evitare lo psicanalista e non farsi prendere dall’ansia della prossima grave, imminente catastrofe che ogni giorno i media non si scordano di presagirci.
SODAPOP: Se tu ne avessi la possibilità, faresti l’amore con te stesso? E cosa ti sussurreresti all’ orecchio?
JOHNNY: No, assolutemente, è escluso, nemmeno se me lo chiedessi in ginocchio implorando… E se ne fossi costretto o se obbligassi me stesso a una fellatio me lo strapperei a morsi. Non mi piaccio per nulla e non sono il mio tipo.
SODAPOP: Non trovi che i Dirty Actions siano stati un gruppo di secondo, se non terzo piano, nella storia del panorama musicale indipendente italiano?
JOHNNY: Rispetto a chi? L’unico cruccio è che la potenzialità della band è rimasta inespressa e congelata per anni perché non abbiamo avuto l’occasione di registrare un’intero disco nel 1981. Ma le versioni di Aktion/Aktion e Bandana Boys la dicevano già lunga sulle potenzialità dei Dirties rispetto agli altri gruppi del periodo e a tutti quelli che verranno dopo. E proprio l’antemica Bandana Boys diventerà un importante riferimento per i gruppi di Firenze e per la nuova wave all’italiana che sboccerà poco dopo.
SODAPOP: Nella recensione del tuo ultimo lavoro solista (Affanno D’Artista) ti ho accostato a Gabriele Paolini ed MGZ. Li trovi a te affini questi due artisti?
JOHNNY: Per nulla. Per quanto mi scervelli non trovo elementi in comune. Ma de gustibus… Mi sento più affine a Bossi e Berlusconi allora visto che mi piace la figa, oppure a Battiato di Pollution e Mal dei Primitives se vogliamo fare i colti.
SODAPOP: Ho sentito dire che hai ricevuto dure critiche quando durante un tuo show genovese hai esposto al pubblico un coniglio preso alla Conad. Che significava quel gesto? L’animale te lo sei poi mangiato in umido?
JOHNNY: Cazzo che inculata questa domanda… E devo riuscire a cavarmela con poche battute sennò i tuoi amichetti di Sodapop ti fanno le menate… E’ lunga, cavolo… Correggo, non l’ho preso alla Conad perché c’era solo quello a pezzi ma al supermercato Sigma dove ho trovato il coniglio spellato intero… E poi non erano così dure le critiche. Come tutte le cose che faccio hanno molti riferimenti e diverse chiavi di lettura, in questo caso sono tre, grosso modo. Vengo dalla campagna, non è una battuta è vero e da bimbo non sopportavo quando mio nonno e poi mio padre ammazzavano i conigli per poterli mangiare. Un colpo in testa e… paf morti e poi ancora caldi dovevi incidere le zampe e sfilargli la pelliccia come fosse un vestitino attilato. Ma in campagna devi essere un uomo e non potevi non accettare certe cose sennò eri una femminuccia. Insomma un incubo. E poi avevo visto il film Bambi di Disney, uno dei primi film davvero contro la caccia e in difesa degli animali e lì c’era il mio personaggio preferito Tippete o Tamburino che quando sono stato operato di tonsille, ero molto piccolo, mi è stato regalato come peluche e gli ho vomitato addosso tutto il sangue. E poi i conigli sono i veri protagonisti del mondo dell’animazione non solo Bugs Bunny o Roger Rabbit ma anche Oswald the Lucky Rabbit di Disney che è nato prima di Topolino che ha usurpato il suo primato. Walt infatti continuava a ripetere: “tutto è nato con un topo…” Stocazzo. Tutto è nato da un coniglio in braghette a cui avete tagliato le orecchie. E poi il personaggio di Eraserhead di Lynch. Non è proprio un coniglio ma ricorda molto un coniglio spellato che continua a lamentarsi…Last but not least e finisco… Harvey il coniglio invisibile alto 1.90 nel film con James Stewart, il Coniglio Bianco e la Lepre Marzolina di Alice, la collina dei conigli. In realtà però il coniglio lo tiravo fuori dal vivo durante il pezzo Il Museo Di Lombroso, quindi in quel caso lo sollevavo sul pubblico come fosse un simbolo sacrificale tipo l’agnello di dio che toglie i peccati del mondo… E perché non poteva essere un coniglio colui che può liberarci dal male?
SODAPOP: Ti senti più reietto o più figlio del cassonetto?
JOHNNY: Direi entrambi, in fondo siamo tutti nati dentro una busta di plastica non riciclabile in mezzo a una discarica radioattiva. Siamo tutti figli dei rifiuti prodotti ininterrottamente dagli anni 50 in poi.
SODAPOP: Cosa vuoi portarti nell’ ultimo viaggio?
JOHNNY: Se credessi nell’aldilà, potrei dirti il mio cazzo ancora funzionante. Il piacere provato durante l’eiculazione penso sia una delle migliori droghe in circolazione e provarlo all’inferno con tutte quelle dannate assatanate sarebbe un delirio. Razionalmente invece non mi porterei nulla, lascerei tutto a chi resta. Anzi chiederei di essere interrato nudo e senza cassa da morto in modo da essere da subito cibo per vermi e diventare un tutt’uno con madre terra. Ho già passato la mia esistenza a trascinare e salvaguardare le tonnellate di cose che ho prodotto nella mia vita quindi penso che nell’ultimo viaggio mi liberei finalmente di tutte le zavorre che mi tengono ancorato a questo mondo di merda e che in fondo penso ancora – ostinatamente e stupidamente – di cambiare un po’.
SODAPOP: Johnny, hai oggi un legame sentimentale? Con uomo o donna?
JOHNNY: Con una donna, credo. Da anni. E’ fatta come un donna quindi penso che lo sia. Anche se segue il Rubgy, la Moto Gp e la Formula 1 e alla domenica mi trascura e mi lascia sempre solo. O non ci sono più le donne di una volta oppure io non sono più un uomo come c’erano un tempo.
SODAPOP: Sei più onesto con te stesso o con il prossimo?
JOHNNY: Direi con me stesso, come faccio a fregare me stesso o a raccontarmela? Col prossimo è più facile anche se in realtà mi sento abbastanza forte e figo da non essere costretto a mentire a nessuno.
SODAPOP: Perché hai brutalizzato a quel modo Rape Me dei Nirvana? Ce ne era bisogno? A te piacerebbe essere stuprato?
JOHNNY: Mi sembrava ci avesse già pensato in modo egregio l’autore. Come si chiama? Kurt… E poi è già insito nel titolo il destino di quella canzone. In origine la mia versione era sfacciatamente dance e pompava da matti… Prima o poi la proporrò live. In realtà ho avuto un rapporto travagliato con il grunge e i Nirvana hanno faticato a entrare nelle mie corde. Da vecchio punk che aveva già ascoltato di tutto, il grunge non mi sembrava nulla di nuovo e di così eccitante come tutti si affannavano a far sembrare. Alla fine però questa canzone è diventata un fottuto atto d’amore che ogni volta mi trascina in un vortice di rabbia e impotenza… Puoi violentarmi, amico mio, anche tu… Ormai non manchi che tu…
SODAPOP: Grazie per la pazienza John, salutiamoci con un tuo aforisma.
JOHNNY: Comprate Affanno D’Artista, non fatemi aspettare trent’anni per accorgervi che è un capolavoro, come hanno fatto con il primo disco degli Stooges che per anni non si è cagato nessuno, considerandoli un branco di sfigati. Cazzo a 82 anni sarà dura che possa ancora zompare su un palco. Però, non è detto… In fondo potrebbe essere una bella sfida al live fast & die young.