Ancora gli Iron Molar, a pochi mesi dal loro precedente album e dalle prove soliste dei due membri, licenziate a nome Iron e Evil Purpose. Non è comunque il caso di parlare di eccessiva prolificità: lo stato di grazia che il gruppo sta attraversando è evidente e di conseguenza doveroso sfruttare il momento. A proporceli è stavolta l’ottima Solitude Beast.
Trovata con l’ultimo DIYCDR la quadratura del cerchio per quel che riguarda il genere praticato, post-industrial con un attitudine rumorosamente psichedelica, giunge il momento di inserire nuovi elementi ed esplorare territori limitrofi. In Poi Piove, titolo che a noi vecchi punk sporcaccioni non può che evocare i capitolini Concrete, fanno la loro comparsa una serie di percussioni poderose e dilatate che in più di un’occasione evocano gli Scorn più dubbeggianti, quelli di Colossus, ma in parte anche quelli del recente Refuse: Start Fires; forse anche una bestia scontrosa come Iron Molar è sensibile al suono dei tempi. Dicevamo della quadratura del cerchio: con questo lavoro il gruppo comincia già a spingersi oltre, abbassando leggermente i toni e complicando la trama, oltre che coi suddetti battiti anche con l’inserimento di suoni sintetici e voci vocoderizzate che si combinano egregiamente al rumore analogico. Inoltre le strutture si fanno meno chiuse, arrivando addirittura ad usare il silenzio in chiave espressiva ed esulando in più punti da quell’estetica post-industrial che ormai va loro stretta verso un’elettronica di ricerca, ma sempre vitalmente sporca. Ci si avvia a lenti, pesanti passi verso la piena maturità.