Monosonik – Mechanical Fluxus (Ticonzero, 2011)

Ero già rimasto favorevolmente colpito dall’esordio di questo gruppo che coinvolge un ex Templebeat e TH26 (una collaborazione con Maurizio Bianchi all’attivo). Credo vengano da Cagliari e da Treviso e a dispetto dei preconcetti sull’isola o sull’intera penisola fanno un suono che sicuramente non vive nel passato ma che si trova ben piantato nel presente della musica elettronica. Intelligent Dance Music? Più o meno, comunque pur trattandosi di un disco con una serie di tracce composte dal gruppo e da una serie di remix, l’idea omogenea di un lavoro ritmico, molto notturno e quasi ballabile resta.
Si tratta di un disco molto fine in cui le migliori qualità dell’esordio dei Monosonik riemergono senza nessuna difficoltà e con questo intendo dire che troverete suoni molto equilibrati, ritmiche quadrate e fruscii ben ambientati nel contesto sonoro. Gli arrangiamenti dimostrano come le tracce siano state organizzate con molta intelligenza e senza preoccuparsi esclusivamente di far suonare tutto in modo efficace e senza perdere di vista l’idea globale della “canzone”. In un certo modo Mechanical Fluxus si trova situato in un contesto post techno al quale avevano attinto anche molti altri musicisti elettronici giapponesi, sia che si trattasse di misconosciuti (ma non per questo meno interessanti) progetti come Matik sia gente con un nome ben più consolidato come Yoshihiro Hanno. Non pensiate erroneamente che qui troverete glitch e fruscii digitali e tappeti ambient simil orientali da uscita in stile 12K, il disco è molto più ritmico, molto più quadrato e soprattutto molto europeo. I lavori di remixaggio delle varie tracce ad opera di Simon Balestrazzi, Scrawled, SShe Retina Stimulants e Simone Scara non fanno scadere per nulla il resto del disco anzi, nel caso di Simone Scara direi che si tratta di aver portato all’eccesso i suoni e miscelando il cocktail con un gran bel gusto. Musica elettronica, post-techno e lontanamente imparentata con alcune cose fuoriuscite dal giro industriale (Coil, Daf, Pan Sonic… scegliete voi). Vista l’arretratezza e la scarsa attenzione che in questo paese viene prestata all’elettronica non-italo-disco o simile non so se raccoglieranno quello che meritano, ma resta che i Monosonik, tanto come Teardo e Bernocchi in un altro contesto, stanno portando avanti una tradizione che troppo spesso viene dimenticata.