Dalla Toscana, via Berlino, arriva questo EP degli Holy Hole: chitarre loopate e processate fino a sciogliersi in un ambient lattiginoso e spettrale, a tratti estatico, accostabile a certe uscite di Final o ai remix che lo stesso Broadrick elaborò due anni fa, proprio in questo periodo, per l’EP natalizio del suo progetto Jesu.
È musica che, per sua natura, si presta ad interpretazioni umorali: anche apprezzando il genere potreste trovarlo talvolta trasportante, talvolta incommensurabilmente noioso, senza che una delle due opzioni escluda definitivamente l’altra. Tuttavia, al di là di ogni soggettività, Plan Z mi sembra presentare alcuni punti oggettivamente interessanti, in particolar modo il carattere narrativo del lavoro: a un inizio pacifico, dove suoni cristallini si sovrappongono al drone pulsante disegnando atmosfere spettrali e malinconiche, fa da contrappunto l’innalzamento delle frequenze basse, che fungono da richiamo e anticipazione di quello che sarà il finale. Nel prosieguo, ritmiche e improvvisi aumenti di volume innalzano la tensione, ma la leggerezza del tocco dei musicisti evita che il suono risulti eccessivamente oppressivo: si ha l’impressione di vagare immersi in una foschia luminosa, che nasconde un paesaggio ibernato ma pulsante. La traccia conclusiva è invece ricca di chiaroscuri e suoni contrastanti, come se ci fossimo addentrati nelle profondità di un bosco, ma con sorpresa e un pizzico di delusione, il finale rimane sospeso, con un suono che si esaurisce senza dirci nulla di definitivo. Ma forse, come recita quel detto, più importante della meta, è il viaggio che si fa per raggiungerla. Che poi vogliate leggere Plan Z come un percorso iniziatico, una passeggiata nella natura invernale o altro, sta di nuovo alla vostra indole.