C’erano ancora margini di sviluppo nel discorso musicale di Adamennon dopo l’album Nero, che pur avevamo identificato come punto di arrivo di un percorso di fusione fra prog-gotico e atmosfere dark-ambient. La vera posta in gioco era in realtà la spoliazione da ogni residuo di rumore e oggi il risultato è una musica che potremmo dire purificata, sebbene al suo interno lo spirito oscuro continui a scorrere.
Più che “oscuro” sarebbe tuttavia più esatto dire “esoterico”: MMXII è un viaggio su sentieri nascosti, che ci appaiono tetri solo per il fatto di essere poco battuti. Tutto il disco richiede invece un’attenzione particolare, volta a svelarne la vera natura. Gli stessi titoli, che di primo acchito ci paiono pervasi da un senso disperato di morte, potrebbero essere letti come allusione a un percorso iniziatico di rinascita, che transita per luoghi e momenti simbolici, evocati nei titoli (La Grotta, La Metamorfosi, Visione,…) e ben resi dalla musica. E parlando di musica, è impossibile non notare come MMXII sia un album stilisticamente più omogeneo dei precedenti, ma con una quantità di soluzioni melodiche che lo rendono vario e, prese le misure a un genere comunque ostico, piuttosto fruibile. È il canto possente dell’organo, in assenza di quello umano, a farci da guida, a spingerci e a cullarci, sfruttando tutte le soluzioni timbriche a sua disposizione. Ad accompagnarlo c’è un basso che fa la voce grossa alla maniera di una creatura lovecraftiana, più raramente altri strumenti elettronici, ormai ridotti al ruolo di comprimari. A conti fatti, MMXII non è un album privo di luce, è semplicemente illuminato da una luce diversa: se così non fosse non avremmo le sorprendenti aperture melodiche di Al Cospetto Del Male e La Grotta, né il lirismo addirittura romantico di Visione, solo per citare alcuni esempi. La costanza e la dedizione con cui Adamennon porta avanti da anni il proprio discorso rendere superfluo ogni accostamento: dal punto di vista dell’ispirazione le influenze dei padrini del prog-occulto sono chiare, ma ormai tutto è metabolizzato e reso in forma affatto personale. Lontano tanto dalle atmosfere da soundtrack quanto dall’horror fumettistico, più che di terrore, ormai sublimato, nelle tracce si respira un senso di malinconia e abbandono, dati dalla consapevolezza che questo percorso, si intenda per esso l’ascolto o l’esperienza iniziatica a cui accennavamo, va affrontato nella più completa solitudine.