Everest Magma, linee libere fra paesi e canzoni

Di Everest Magma e del suo Alto//Piano vi abbiamo parlato tra natale e capodanno. Approfondendo con l’ascolto però, tra torroncini e frutta secca, ci siamo accorti di avere fra le mani un disco nutriente e quantomai libero, reo di lasciarci con suggestioni ed immagini nuove ad ogni sessione di ascolto. Abbiamo quindi deciso di contattare l’autore per tenere insieme a lui una conversazione, atta a sviscerare ed a scoprire qualche lato, ancora nascosto, di genesi del lavoro e del musicista (Federico Macchiarella, ricordiamo, già conosciuto come Rella The Woodcutter) che risponde sotto il nome di Everest Magma.

SODAPOP: Ciao Federico, grazie mille per la disponibilità innanzitutto. Faccio mea culpa, ti ho incrociato al concerto di Superfreak insieme a Totale! poco tempo fa a Milano ma stupidamente non ho colto l’occasione per recuperare Alto//Piano. Toccherà farsi un regalo di Natale targato Maple Death Records… Quando ho sentito il disco sono rimasto realmente a bocca aperta, non mi aspettavo una sterzata del genere, togliendo quanto più possibile, lasciando liberi rumori ed elementi e liberando la voce. Partirei però dall’inizio se ti va… tra Rella the Woodcutter, Eternal Zio, Arca Zebra ed Everest Magma è da un bel po’che sei sull’onda, ti andrebbe di raccontarci un pochino di te, crescita, incontro con la musica e snodi artistici?
FEDERICO: Ciao Vasco, grazie a te (e ai tuoi regali di Natale). Dunque, come Rella The Woodcutter iniziai nel 2005 dopo qualche anno passato a suonare la batteria in gruppi punk/hardcore/post etc. Eternal Zio fa capolino nei primi anni 10 quando ci si ritrova tutti insieme a vivere nella stessa casa/zona. Amici che suonano e vivono assieme, cosa chiedere di più? Non diventare quello che si pensa di essere, così Woodcutter riceve la data di scadenza prima dei miei 30 anni. Da lì la piccola ma agguerrita parentesi Arca Zebra e poi Everest Magma dal 2014 in poi fino a oggi. A maggio di quest’anno ho ricominciato a suonare la batteria ed è quello che vorrei fare nei prossimi anni.

SODAPOP: Quanti anni hai oggi? Credi di aver trovato una tua dimensione sonora o rimani comunque interessato su più progetti ed ambiti? Ho vissuto Alto//Piano come una sorta di ritorno alla natura ed all’essenzialità (del resto Rella si presentava come taglialegna). Dove vivi? Città o boschi? Che tipo di rapporto hai con la musica e la composizione? Lavori sul lungo periodo e quando credi di avere una bozza per un lavoro componi un album oppure ti metti un termine ed inizi e finisci un lavoro nei termini stabiliti… come funzioni? Quali sono i tuoi ascolti e le tue lettura recenti?
FEDERICO: Sono sull’orlo dei quarant’anni e credo di aver delineato i miei limiti, non la vedo come una cosa negativa. Sicuramente la chitarra è lo strumento col quale mi trovo più a mio agio. Alto//Piano non è un disco cittadino nonostante io viva in piena città, a Milano. Buona parte delle take sono state registrate ad Agliano, in Garfagnana, in vari momenti del 2020. Solitamente il momento della registrazione coincide con quello compositivo. In pratica parto dall’idea di come nella mia testa dovrebbe suonare l’insieme dei pezzi e poi li registro/compongo. Recentemente Dome Black Sweat (che ha coprodotto il disco con Maple Death) mi ha portato la ristampa di Strumenti Musicali Della Preistoria di Walter Maioli, disco che già conoscevo ma che sto letteralmente consumando in questi giorni. Ultimissima cosa letta: una raccolta di racconti di fantascienza tra cui uno scritto da Voltaire nel 1752 che non conoscevo.

SODAPOP: Vedendoti dal vivo con Superfreak mi sono immaginato Everest Magma come una figura intermedia fra diversi quartieri musicali. In sede di recensione mi è venuto in mondo Aldo Becca, poi c’è uno storico con Maurizio Abate e compagnia ed altri mondi come potevano essere quello di Boring Machines prima e di Maple Death ora. Questo tuo essere collocabile in più situazioni ma sempre con una personalità definita e singolare mi è sempre sembrata la tua forza. Ricordo che ti conobbi grazie al tuo split con My Dear Killer di 10 anni fa… dopo questo tempo che cambiamenti hai notato nell’humus musicale circostante a livello di progetti e di pubblico? Ti capita di incrociare/relazionarti a musicisti più giovani che stanno entrando in questi mondi? Qualcuno da consigliarci?
FEDERICO: Per mia fortuna sono riuscito in questi anni ad avere a che fare con diverse realtà e soprattutto con diverse persone, quasi più come anello di congiunzione che altro. A Milano ora ci sono diversi collettivi come Artetetra, Les Giants, Pampsychia, Sentiero Futuro per citarne alcuni… tanti altri che non conosco/non seguo… Sono gli spazi che non sono più tantissimi ma forse è solo una mia impressione.

SODAPOP: Concordo, credo che quella sia una costante anche qui da noi, poco più a Nord. Forse, riflettendoci, è mancata quella capacità di unione fra i componenti della scena per creare delle situazioni stabili (posto che fosse uno dei traguardi perseguibili). Rispetto alla musica ed a quello che gli gira intorno, che tipo di bestia sei? Ti occupi del suono lasciando poi alla label (Maple Death e Black Sweat) mandato per quanto riguarda ideazione, impostazione e promozione oppure segui ogni passo della filiera? Ti è facile abbandonare un tuo disco al mondo pubblico o lo tieni sott’occhio? Che tipo di pubblico credi di avere?
FEDERICO: È un peccato che Svizzera Italiana e Nord Italia non siano mai riusciti ad avere uno scambio duraturo, soprattutto come pubblico. Rispetto alla musica tendenzialmente mi occupo di tutto fino all’artwork tranne nelle due ultime uscite su Maple Death per le quali ho preferito mollare la presa sulle copertine. Penso sia importante non fissarsi troppo sulle proprie idee soprattutto per chi fa musica in solo. Per chi come me viaggia su un profilo bassissimo non è un problema pensare troppo a dove finisca la musica. Quando è uscito Alto//Piano mi hanno scritto un po di amici e già mi sembra un buon risultato.

SODAPOP: Ascoltando il disco mi sono soffermato sui testi, trovandoli quantomai aperti e spontanei. Citavo Aldo Becca prima anche se in lui noto molto di più una lavorazione ed un cesello, nel tuo caso invece mi sembra ci sia una necessità quasi viscerale e non filtrata, sia di scrittura che vocale. A che tipo di artisti (musicali ma non solo) non “ti sei ispirato” ma ti riconosci conto tuo come metodo espressivo? Ti è possibile fare un passo indietro per cercare delle affinità o dei ricordi in questo senso?
FEDERICO: Mi riprometto di ascoltare meglio i dischi di Aldo questo è sicuro! Infrantumi degli Starfuckers, Automatic Writing di Robert Ashley e On The Other Ocean di David Behrman sono stati decisamente gli ascolti che mi hanno influenzato/non influenzato in quel periodo. Tutto è iniziato mentre camminavo tra Agliano e Castagnola e mi sono ricordato di un pezzo che avevo registrato più di 10 anni prima a casa di un amico e il testo era solo “… Cadono le foglie” e ho pensato sarebbe stato bello frammentare quelle idee e provare a ricomporle.

SODAPOP: mi piace questa immagine della ricomposizione, trovo si addica molto alla delicatezza dei suoni di Everest Magma! Grazie mille di tutto Federico… ti lascio con la mia domanda “classica”: ti fanno curatore di un festival, due serate, una acustica ed una elettrica. Sei costretto a suonare (ma non puoi farlo da solo)scegliendo in quale serata esibirti. Che scaletta ci costruisci (non necessariamente viventi)?
FEDERICO: Prima serata rimarrei sul classico: The For Carnation ad aprire, poi Sangue Misto e a sorpresa a chiudere Royal Trux. Poi serata acustica in cui mi limiterei ad accompagnare alla batteria il mio eroe di sempre: Will Oldham.