Ernest Hood – Back to the Woodlands (Freedom To Spend, 2022)

Faccio ammenda, non conoscevo Ernest Hood. A mio discolpa potrei dire che sono giovane, parecchio giovane. Toccherà quindi recuperare Neighborhoods, classe 1975, che se ne parla come di un importante capostipite.
Ernest, a causa di una tremenda poliomelite, verso i 30 anni si vide troncata una promettente carriera jazz, e finì per diventare un suonatore di zither, la cara e vecchia cetra, dedicandosi alla costruzione di un piccolo mondo antico. Oltre a suonare però, con brani passati dipingeva cartoline sonore nel suo programma radio, Radio Days, in onda su un paio di stazioni radio locali. Un mondo che profuma di moonshine, di idromele, di portici e selciati, di fiori, uccelli ed insetti. Di procioni, come nella uptempo The Jantzen Rag (Raccoons) che sembra un siparietto tra Randy Newman ed Hall Willner. Di fucili, di nascondigli, di uomini e di natura. È musica d’altri tempi, che descrive altri tempi ancora, come un piccolo carillon ritrovato sotto un covone di fieno. A tratti le chitarre dello zither si sfaldano nell’acqua, creando solluccheri quasi new age ma con le salopette sporche e vissute in qualche modo. In realtà basta chiudere gli occhi, siamo tra le montagne dell’Oregon, negli anni ’70, in una natura pressoché intonsa, con del miele, dell’alcool e degli animali. Quando il fiabesco prende il sopravvento siamo quasi al limite (in Warm Pathways anche oltre) ma Ernest riesce comunque a mantenere con mano salda la briglia, evitando di oltrepassare il crinale e mantenendosi in un piccolo e beato paradiso rurale. Bisogna avere la giusta disposizione d’animo, la voglia di sorridere, magari il volersi mettere una spiga di grano fra le labbra e provare a fischiare, come si faceva un tempo, con un filo d’erba.
Potrebbe essere un recupero solare ed energetico di un tempo a nostra disposizione, ma di sicuro ritempra.
Si chiude con un brano senza titolo, che come molti degli altri apre altri sentieri sotto le fronde, sentieri che Ernest purtroppo non fu più in grado di percorrere, ma ai quali diede luce, tramite i guizzi dei propri suoni.