Bad Bare Black Bones.
Bad: la connotazione che implicitamente diamo agli artisti potrebbe definirli come placidi o tormentati. Spesso questi estremi non dipingono la loro espressione come positiva o negativa ma ci aiutano a raffigurarli.
Bare: nude, spoglie, scarne. Graffiare in negativo raggiungendo il fulcro, la propria essenza, eliminando ogni orpello e sovrastruttura.
Black: nero, il manto che soffoca, copre, nasconde. Spaventa non potendo delineare gli avvenimenti, crea tensione ed alimenta fantasie, aspettative, levando le differenze e parificando gli elementi in gioco.
Bones: Ossa, architravi, linee, direzioni entro le quali agire per ottenero quanto desiderato.
Un sintetizzatore, un basso, una voce sibilante e gorgogliante, degli oggetti. L’essere concentrati e spartani è la forza di questo duetto, formato da Elena M. Rosalavita e Samuele Innocenti. Nàresh Ran al mix ed Attila Folklor al mastering accentuano queste asperità e questi gradi di grigio, lasciandoci beare in una pece amniotica, donde vivono, sibilano ed agiscono mostri. Potrebbe essere ambient carnale oppure throatcore, mi sembrano quattro brani dove, al buio, ogni membro coinvolto rilascia endorfine in musica, abbassando via via il ritmo fino a ridursi ad uno stallo che è lo statico incrocio e fusione di due corpi.
Solleticante, tenebroso ed affascinante. Luce Sia? No, per cortesia, che rimanga il buio, che tale sonora fecondità possa continuare in santa pace.