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The Brain Washing Machine – S/T (Autoprodotto, 2007)

Roccioso hard rock di matrice americana quello di The Brain Washing Machine, che ben si inserisce nella ormai tradizionale e inflazionata corrente stoner dei vari Hermano, Orange Goblin, Fu Manchu, ecc ecc. Ineccepibili interpretazioni, articolate, ben strutturate sia negli arrangiamenti che nei vocalizzi che ricordano proprio il John Garcia di Wretch. I quattro veneti conoscono il sound e si sente che si divertono in ciò che fanno. E questo potrebbe bastare.

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Shinkei – Binaural Beats (Koyuki, 2007)

Anno nuovo, vita nuova e nuove etichette, diciamo pure che questa copre un campo stranamente poco calcato nel Bel Paese. La Koyuki infatti a quanto pare è completamente focalizzata su di un'estetica di tipo minimalista e per quanto possa essere pedante scriverlo: minimalista non significa tre suoni buttati a caso e cose fatte in fretta e furia (dato che ormai l'importante è sempre più darsi una ragione sociale da artista). In questo caso non si tratta di minimalismo alla Young, Reich, Riley, Glass ma di “minimal electronics” quindi roba che ha referenze in etichette come la Raster Noton, con gente come Günter Müller, Jason Kahan, Tetutzi Akyiama, Toshimaru Nakamura e in casa nostra un nome su tutti: Luca Bergero, al secolo noto come Fhievel. Se non siete pratici del genere, sappiate che un concerto torinese di Müller rimarrà nella storia perché mentre suonava, la gente parlando copriva quei suoni sporadici che a tutti gli effetti erano il concerto.

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Stefano Giaccone – Come Un Fiore (La Locomotiva, 2007)

Mi ritrovo a scrivere che a parte le dovute eccezioni non ho mai sopportato il cantautorato italiano, neppure gli intoccabili come De André (che se solo, col senno del poi, vedesse e sentisse che gente ha in casa le sue raccolte, forse si sarebbe limitato ad andare a mignotte invece che scriverne nelle canzoni) e non sono neanche un fan sfegatato dei Franti, anche se rimango convinto che fossero degli eroi per vari motivi. Mi trovo a ripetere che i Franti non solo hanno avuto, hanno e a avranno, il nome più bello di sempre, ma un gruppo che suona rock e per di più melodico, in un epoca ed in una scena in cui "gli altri" sono Negazione, Kina, Contrazione, Declino, Wretched, Nerorgasmo et similia, beh, concorderete anche voi che già solo per questo meritavano il nome che si portavano.

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Revolution #9 – Standing In Your City (Autoprodotto, 2007)

Rock n' Roll. Una grandinata di riffs appassionati e caldi che si coniugano perfettamente con un gusto per la melodia vocale, udite udite, a dir poco spettacolare. Io credo che il motivo principale per cui i Revolution #9 mi convincano tanto  risieda proprio nella voce: pulita, calda e mai fuori posto. Canzoni orecchiabili quindi, anzi orecchiabilissime, ma non per questo facili o semplicisticamente punk rock. Gli arrangiamenti sono complessi: vere e proprie cavalcate elettriche che trovano il giusto mezzo tra il Fandango degli ZZ Top e la malinconia dei vecchi Jingo De Lunch.

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