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oRSo – Ask Your Neighbor (Contraphonic, 2008)

"Molta della musica che ascolto oggi mi delude in maniera sorprendente perché è così dannatamente noiosa. Manca completamente di… bè, qualsiasi cosa. Non possiede né sensazioni né emozioni, non so perché esista. Dai tempi del Punk, ogni stronzo negli Stati Uniti ha pensato di poter far parte di una rock band; non perché ci fosse portato dal desiderio di fare musica, ma piuttosto perché voleva essere figo, voleva soldi e fama e pollastrelle o ragazzini. Così, vent'anni dopo, abbiamo un'intera industria guidata da persone che non sono poi così creative." Parole sante. Il Punk, venuto come una benedizione, è rimasto ad aleggiare sulle coscienze per troppo tempo assolvendo anche ciò che sostanzialmente non avrebbe dovuto. In realtà questa potrebbe non essere la faccia fallita del movimento Punk, semmai un'ulteriore dimostrazione della sua forza esagerata e dirompente, ma questa è un'altra storia. Le parole sante sono di Phil Spirito (Chicago, Illinois), ex Rex, qui alla sua quinta (?) uscita con il progetto quasi decennale oRSo. E siccome alle parole bisogna dare un seguito, diciamo subito che questo è un disco inequivocabilmente eccezionale.

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Bonnie “Prince” Billy – Lie Down In The Light (Drag City, 2008)

One. Two. Three. Four. Sussurrato a battere il tempo. Come il cigolio notturno di un cancello, Un'apertura profetica. Un qualcosa dopo di cui è impossibile non voler vedere cosa succede. E quello che accade è un allegro passo country da strada sabbiosa con la voce piazzata sopra che sembra fischiettare, archi leggeri ad incrociarsi con l'acustica, suono aperto alle modulazioni più alte e versi apparentemente scacciapensieri. Si chiama Easy Does It il pezzo che apre il nuovo disco di Bonnie "Prince" Billy ed in un certo senso è una sorpresa. Intendiamoci, il tutto suona tremendamente inconfondibile, ma lo fa in maniera singolare fondendosi ad un'ironia trascinante. Ironia che altre volte sembrava fare difetto all'autore, con quella sua spinta un po' autoreferenziale.

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The Old Haunts

The Old Haunts – Poisonous Times (Kill Rock Stars, 2008)

Da noi l'aura di maledizione un po' puzzona che ti porta ad essere un indolente testa vuota, stando alle ultime proiezioni demografiche, è  finita agli ultimi posti dei desideri dei giovani rampanti neo yuppies d'accatto che guidano le classifiche locali. Ne è rimasta traccia in alcuni stomp degli Zen Circus, i Mojomatics non ci si sporcano mai le mani e la scena garage blues mi è troppo oscura per poter illuminarmi la giornata. Così se voglio tenermi su il morale con una sonora surfata ghiotta di intemperanze non posso far altro che rivolgermi a ristampe o al mercato d'oltreoceano.

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