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Damo Suzuki’s Network – Tutti I Colori Del Silenzio (Wallace/Palustre, 2009)

Trattasi di un live molto ben registrato e per di più corredato di grafica piuttosto carina, se ciò non bastasse Damo Suzuki in questa occasione si accompagna ad una line-up di tutto rispetto, dato che gioca il poker d’assi Andrea Belfi, Xabier Iriondo, Diego Sapignoli e Mattia Coletti: l’unico neo a volte è proprio la presenza del vecchio kamikaze. Spero mi scuserete per lo scarso rispetto, per altro è difficile voler male ad un tizio che ha cantato con i Can, ma a cento anni dalla nascita del futurismo credo che celebrerò a modo mio Balla e Depero e l’allegra banda di cazzoni, crocifiggendo in sala mensa questo malandato samurai.

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Levator – The Biggest Waves Come At Night (Levator Music, 2009)

Recentemente qualcuno lo ha definito dreamcore: un fumoso intruglio di loops, onirico shoegaze ed eteree santità di sapore Cocteau Twins (Treasure ovviamente!). I mantra che ne scaturiscono sono interessanti ed è inevitabile rimanerne sedotti, come del resto di qualsiasi cibo eccessivamente speziato o zuccheroso! Il rischio è che tal abuso di incenso e miele alla lunga sgogni. Il recente risveglio di un certo fragore noise (siamo finalmente al recupero dei novanta!) mi porta a pensare che, invece, questa forma di minimalismo, dignitoso e ben costruito, conduca principalmente ad una sorta di assopimento sensoriale.

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Iron Molar/Peacemaker – Split CD (Fucking Clinica, 2008)

Il nuovo parto della Fucking Clinica è gemellare, siamese e internazionale. Ad accompagnare il secondo passo degli Iron Molar nell'inferno noise è, a mo' di Virgilio in versione diabolica, Peacemaker, progetto "rumoroso" del batterista dei già di per sé rumorosi Brutal Truth e Total Fucking Destruction. Un pezzo per gli italiani, tre per l'americano.

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Black Elk – Always A Six Never A Nine (Crucial Blast, 2008)

Esterefatto. Credo che lo stupore totale sia quanto di più vero riesca a manifestare di fronte ad un disco così. Ai tempi di The Temple Of The Morning Star dei Today is The Day credetti che se Steve Austin fosse stato un uomo di maggior spirito anzichè solo virtù e stomaco forse sarebbe diventato realmente il Jim O' Rourke dell'apocalisse piuttosto che restare nella propria isola (felice) di ghiaia e granate esplose. I Black Elk di Portland invece saltano il fosso, lo fanno perché sono lungimiranti, intelligenti, carichi di mercurio, un pugno di psicopatici dal quoziente intellettivo nettamente sopra la media.

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