Attila Folklor + Davide Botta + Joel Gilardini + Michele Bianchi – Oblique Connections (theparders, 2024)

Siamo in Svizzera, nel mio Canton Ticino. Quali potrebbero essere le connessioni oblique intese da questo bel progetto nato negli angoli più bui della città locarnese e del suo festival del film, ideato presso le trasmissioni radio al Bar Mono e finalizzato nel giardino della Scuola Dimitri di Verscio? Tutto inizia con The Parders, associazione e progetto di azione artistica concepito da Giacomo Meschini che negli anni ha esternato, durante il periodo del festival del film di Locarno la sua espressività con diversi media artistici. Nel 2020 ha concepito l’incontro in questione, dando la possibilità e lo stimolo al quartetto di raccontare, con la propria voce, un paesaggio sonoro ticinese. Per paesaggio sonoro si intende, con le parole del compositore canadese Raymond Schafer, “…l’insieme di tutti gli eventi sonori che convivono in un determinato ambiente e sono percepiti da un soggetto e da un gruppo umano”: in questo caso i venti, scatenati dai quattro, ci raccontano di un viaggio ricco di spunti, di atmosfera, nubi e spazio.
Di sicuro i ponti creati fra i quattro musicisti coinvolti, attori che da tempo sollecitano la parte più ombrosa della nostra sonnenstube, sono forgiati con la mano caratteristica di ognuno di loro, proprio come una città prende forma grazie alle visioni di architetti ed ingegneri. Parliamo quindi di Davide Botta, Joel Gilardini, Attila Folklor e Michele Bianchi, ognuno a loro modo esploratore del limitare del suono. Chi sottilmente ritmico come Davide Botta (già attivo come Endless Project Sound ed autore di un suono elettronico ambientale) ed i suoi synth, chi più brutale come Attila Folklor (musicista in differenti progetti che vanno dalla modulazione rumoristica come Mevda, alle sperimentazioni di Ruscādå ed al noise dei Mulo Muto) ed i suoi sintetizzatori modulari, chi legato all’analogica del rumore e dei suoni d’ambiente campionati come Michele Bianchi ( alias BRTHRM, autore di lavori ed esibizioni che dagli spaziali anni ’70 prendono ispirazione per poi viaggiare libero in aree oscure) e chi smembratore cosciente della sua chitarra baritono in loops e drones come Joel Gilardini (anche lui attivo in Mulo Muto ed in solo come The Land Of The Snow, in territori che dalla psichedelia, dal metal e dal post-rock prendono ispirazione diventando altro)..
Insieme producono suites che potrebbero facilmente essere collocate nella Germania di sessant’anni fa, imboccando le medesime porte del cosmo citate da Eugenio Finardi nella magica Musica ribelle. In questo progetto si scava, picchiando in maniera leggera sui timpani, blandendolo con tastiere morbide che richiamano Edgar Froese dei Tangerine Dream imbastardendole con un sentire di solenne oscurità, un’ombra che rende la musica da un lato inquietante e dall’altro ricchissima in quelli che sono rumorismi, frequenze e disturbi creati ad arte. Casualmente durante le immagini si affacciano riferimenti più i meno espliciti come ad esempio dei rintocchi che profumano dei Goblin in una romantica 5J45+C5 Borgnone. Titolo curioso, come del resto tutti quelli che contrassegnano le undici tracce, composti da una sigla alfanumerica (codici di coordinate Google Maps) addizionata ad una località ticinese, a mappare in maniera misteriosa un territorio che non smette mai di sorprenderci.
Il disco si dipana lungo un percorso che supera i 70 minuti di durata, con il potere ipnotico di farci dimenticare del tempo che scorre, come la musica trance, ritualistica o minimalista nei momenti più riusciti. A tratti pare un volo radente le montagne, increspato da screzi elettrostatici od atmosferici come una 4WJ9+8H Rivera che sembra mantenere uno sguardo verso sud come mira tra il vagare aereo, rintuzzato giusto da qualche sparuto tasto pianistico che equilibra la lenta volata. Si sente qualcosa di sacrale a tratti, di epico pur lavorando in sottrazione e mai sull’enfasi, così come la voglia di conoscersi e di sperimentarsi l’un l’altro atttraverso il suono.

Così 5J45+C5 Borgnone, una suite nella suite, sfrigolii e campane che si trasforma letteralmente in una salita celeste, uno snodo nell’album che prende un incedere certo, una convinzione che è rinforzata dal lavoro di mixaggio e di mastering da parte di Attila, a rendere coeso, omogeneo e mai confuso il lavoro. Anzi, completamente a fuocco, su una 5Q9W+RM Locarno mai così lieve, che passa il giro di tastiera alla successiva 5WG9+2J Cugnasco con sfodero di suoni e rumori sci-fi. Con il passare delle tracce la traccia di Davide Botta e del suo incedere melodico prende maggiore piede, come un’incessante linea attorno alla quale, come neutroni attorno ad un nucleo, si adoperano scorie e frammenti di suono che danno massa e corpo al suono. Da Collina d’Oro, luogo di partenza del viaggio (e paese d’origine di Joel Gilardini) torniamo verso Verscio, senza parole, ma con il suono che ci attraversa e si palesa davanti a noi, ormai grondante dal territorio circostante. Oblique Connections è un lavoro importante, perché unisce attori diversi nel Canton Ticino raccontando in maniera inedita, ma a suo modo classica, un territorio ed una storia che speriamo siano solo al primo capitolo.