ANIMA L – musica, etica, anima

Casualmente, qualche giorno fa, scopro grazie a Mirco Salvadori (uomo laverna.net oltre che autorevole firma per Rockerilla), una compilation gestita da due musiciste delle quali ho letteralmente adorato le ultime produzioni: Martina Betti aka Shedir e Camilla Pisani. Cogliendo la palla al balzo mi sono quindi inoltrato nel loro mondo, abitato da personaggi a noi noti quali Saffronkeira, Demetrio Cecchitelli, Attilio Novellino, Federico Mosconi, Giulio Aldinucci, S A R R A M e Shedir ed altri a me ancora sconosciuti come Sozuproject, Matteo Gualeni, Giorgio Sancristoforo, Stefano Guzzetti e Serena Dibiase. Tale compilation, titolata ANIMA L, sostiene con i propri proventi alla società internazionale di protezione animali in Ucraina, devastati dalla guerra e dagli umani.
Pur essendo uscita un anno fa non ne ero minimamente al corrente ma non avendo la qualità data di scadenza ho comunque scelto di presentarvela ora

Mi è sembrato infatti interessante approfondirne i suoni ed i concetti con le due curatrici del progetto, che ringrazio per la loro disponibilità.

SODAPOP: 13 brani a sostegno degli animali in una situazione contingente e di bisogno estremo, sintomo come molti altri dell’antropocentrismo imperante e della necessaria lucidità per prendersi cura anche di altre specie e situazioni. Da che tipo di idea siete partite per questa compilation?

MB/CP: Più che da un’idea, siamo partite da un sentimento. Un sentimento insostenibile di pena e sdegno, unito al terrore di risiedere in un mondo così brutale e quasi privo di empatia.
Non a caso la scelta del titolo ANIMA L: non c’è stato bisogno di nessun sforzo creativo. La parola “Animal” custodisce tutto ciò che purtroppo ancora manca e di cui abbiamo estremo bisogno: ANIMA.

SODAPOP: Che tipo di pensiero c’è stato dietro alla selezione degli artisti in questo caso? Artistico, etico o unitario fra i due fattori?

MB/CP: Abbiamo radunato artisti eccezionali capaci di leggere questa realtà tragica e tramutarla in suono. Il comune denominatore degli artisti che sono stati coinvolti nel progetto, è l’intensità emotiva. Vorremo scrivere qui di seguito i loro nomi, grazie a loro è stato possibile dar vita a ANIMA L : SaffronKeira, Demetrio Cecchitelli, Attilio Novellino, Sozuproject, Matteo Gualeni, Giorgio Sancristoforo, Giulio Aldinucci, SARRAM, Stefano Guzzetti, Federico Mosconi, Serena Dibiase e Giuseppe Ielasi al materni.

SODAPOP: Che cosa lega musica ed animali? Quest’anno per la prima volta a mia memoria ho visto in un cartellone, allo CHAMOISIc Festival in Val d’Aosta, un concerto per cani, a cura di Emanuele Maniscalco e Ramon Moro grazie alla direzione artistica di Giorgio li Calzi. Credete in una possibilità di fruizione unitaria interspecie per questa compilation?

MB/CP: La musica fa bene al cervello. Fa bene anche alla cultura. Possiede un potere sconcertante unito ad un primitivo “istinto viscerale” e gli studi sulla cognizione della musica non riguardano soltanto noi ma anche il regno animale. Perciò, quali sono gli effetti della musica sugli animali? La zoomusicologia fornisce delle risposte importanti, dimostrando incredibili similarità tra il nostro modo di percepire ed interpretare la musica e quello dei nostri amici animali. Del resto, apparteniamo ad un’unica matrice di energia cosmica che interseca e compenetra tutte le creature e le cose, in uno stato perenne di vibrazione.
Vorremmo invitare i lettori a vedere questo semplice video cliccando sul link sottostante:

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Dopo aver preso visione, potete trarre le vostre conclusioni.

SODAPOP: Ho scoperto casualmente la vostra compilation, risalente al giugno dell’anno scorso, grazie al rilancio da parte di un grandissimo culture di musica liquida ed obliqua come Mirco Salvadori. Che tipo di sostegno avete avuto durante quest’anno? Siete riuscite a dare un contributo concreto all’associazione sostenuta?

MB/CP: Non abbiamo raggiunto la cifra che speravamo ma quello che più ci interessava all’inizio, era far riflettere su questa tematica a noi cara e fare in modo che si creasse un format e un’attenzione accesa sulla sofferenza degli animali. Ringraziamo Peppe Trotta , il web magazine “A Closen Listen” e Mirco Salvadori per aver sostenuto la nostra causa e aver vestito le tracce di parole e valori importanti. Valori che vogliamo continuare a diffondere e infatti abbiamo già pensato ad una seconda edizione della compilation dove vorremmo coinvolgere nuove sensibilità artistiche e nuove sonorità. Centrale però, sarà sempre l’amore per queste “anime senza voce”.

SODAPOP: Quest’anno ho perso purtroppo l’intervento di Viola di Grado al festival letterario a me più vicino e sarà una delle mie prossime letture. La sua citazione in calce alla compilation è potente e ci mette di fronte ad una condizione risaputa ma mai pienamente affrontata. Come l’avete trovata/coinvolta? I mostri siamo noi?

MB: Io e Viola ci conosciamo da oltre 10 anni, il nostro è un legame profondo. Siamo unite, tra le tante cose, da un grande amore per gli animali. Nel suo ultimo libro , “Fame Blu”, è presente un potente paragrafo dedicato a cosa provano gli animali poco prima di morire.
Io e Camilla avevamo bisogno di costruire un testo viscerale in grado di scalfire le coscienze: la penna di Viola Di Grado, così spietata e meravigliosa, può diventare un coltello d’acciaio, senza dubbio è la più efficace.
Rispondendo alla tua ultima domanda, “I mostri siamo noi?”
Assolutamente, sì. I mostri siamo noi. Mostri che non riescono a dissolvere il proprio Ego. Mostri che generano altri mostri, dentro un circuito diabolico di violenza introiettata, legittimata e tramandata, da mostro a mostro.
Nel 1963, lo zoo del Bronx di New York, aveva allestito una mostra intitolata “L’ animale più pericoloso del mondo”. L’esposizione era composta da una gabbia e uno specchio che rifletteva l’immagine dei visitatori. In basso, la scritta: “Questo animale, che aumenta al ritmo di 190.000 esemplari ogni 24 ore, è l’unica creatura che abbia mai sterminato intere specie di altri animali. Ora ha il potere di spazzare via ogni forma di vita sulla Terra”.

La nostra cultura è basata nel peggior caso sul massacro organizzato degli animali, allevati e annientati con brutalità inenarrabile negli allevamenti e infine pronti da consumare nei cellophane del supermercato, e nel miglior caso sul loro addomesticamento, ovvero sul nostro vanesio tentativo di controllarli, di renderli con le nostre attenzioni abbastanza simili a noi, di pretendere da loro forme di amore immediatamente fruibili che ci gratifichino e che colmino i nostri vuoti affettivi, non spostando mai l’asticella gerarchica che separa l’antropos dai suoi giocattoli vivi, i suoi servitori affettuosi e obbedienti.

Perchè sono solo questo, per noi, oggetti: o della nostra dieta o della nostra vita domestica.
Che siano salme o batuffoli scalcianti sui divani, bistecche o versioni vive e lievemente faticose di pantofole a forma di orsetto. Infatti li adottiamo da cuccioli e cominciamo a disprezzarli se ci guardano con diffidenza o mangiano il nostro cibo o non accorrono quando sentono il proprio nome: se non ci obbedisce non va bene, non è intelligente, come se la schiavitù fosse un sintomo di intelligenza.

Dai nostri animali esigiamo compagnia e intrattenimento, rispetto asimmetrico: sono le nostre geishe, le nostre play station, i nostri pupazzi con musetti adorabili. Non vediamo mai il modo in cui stanno al mondo, ma solo il modo in cui stanno nel nostro mondo: non li ascoltiamo, non li riconosciamo, vogliamo solo essere ascoltati, riconosciuti. Valorizziamo ogni loro gesto che si avvicina al nostro sentire, ma ignoriamo ed equivochiamo tutto il resto-tutte le azioni, immagini, sentimenti che sfuggono alla nostra lettura e sprofondano nel mistero del loro essere animali.

Li cibiamo, ossessionati dalla loro fame e scambiandola per avidità.
Abbiamo coniato anche un termine per loro, contro di loro, animalità: non è ahimè un riferimento all’anima che ci porgono a ogni sguardo, assoluta e pura, ma allo sguardo nostro, miope, su di loro, che di quell’anima vede solo l’appendice degli istinti, la stessa peraltro che li accomuna a noi e a tutti gli esseri viventi.

Li amiamo da lontano, gli animali, dalla cella autoreferenziale del nostro linguaggio.
Di loro ricordiamo le fusa, le carezze, gli occhi fissi lacrimosi, i loro slanci per avvicinarsi a noi, e dimentichiamo il modo in cui noi non abbiamo mai provato ad avvicinarci a loro.

Cosa c’è di meglio della compagnia di esseri vivi che non chiedono niente se non la tua attenzione? E noi nel frattempo li abbiamo comandati a bacchetta, li abbiamo usati per sentirci meno soli, li abbiamo mangiati per cena. Nei film li abbiamo trasformati in mostri, ma i mostri siamo noi: anche noi istintuali, famelici, dentati, sessuati come gli animali, ma solo noi in grado di scegliere di non ucciderli e di mangiare altro, eppure non disposti a farlo. Siamo noi i mostri, sì: li sbraniamo ma pretendiamo il loro muto e semplice amore, come l’orco di Pollicino, che infatti aveva forma umana. E ora, in Ucraina, gli animali sono in guerra due volte: nella guerra degli uomini contro gli uomini e in quella antichissima degli uomini contro di loro, quella colossale e infaticabile che li mette all’angolo, sempre, senza possibilità di riscatto”.

Viola Di Grado

A livello sonoro ci muoviamo in mondi sottili e fragili, come il vetro, come la vita. Saffronkeira offre il fianco all’urlo del vento, un vento pacifico ma risoluto, un vento che slarga le superfici percorribili e ricettive. Demetrio Cecchitelli al contrario lavora con la luce allo zenith, con le rifrazioni ed i pulviscoli di materia lasciata sul campo. I colori dei musicisti si sposano creando manti di toni soffusi ed onirici, come quelli diffusi nell’emisfero di Attilio Novellino. Sōzuproject gioca di levità e di magia prima di arrivare ad angelici squilli di tromba a cura di Matteo Gualeni. Harmonia Radiorum di Giorgio Sancristoforo ricrea l’ebbrezza di acrobazie pindariche ad un evocativo ralenty. Con Giulio Aldinucci si rimane nell’aria, con flussi che sembrano essere il leit motif di ANIMA L.
S A R R A M richiede la giusta attenzione regalando piccole e silenziose fioriture, prima di montare riempiendo lo scibile d’ascolto.Stefano Guzzetti unisce elegantemente musica acustica ed elettro che sprigiona ricordi e profumi sinstetici.Federico Mosconi cerca una via armoniosa per la sua Quiet e Serena Dibiase crea bolle vocali di raccoglimento e di comunione. La chiusura è di Martina Betti, che con la sua I’ll leave with you richiama a se ogni energia.

Musica che lascia tracce tangibili, rimane e ci inebria, oggi nel 2023 come lo scorso anno.