Anacleto Vitolo – Latite (Aulicus Classics, 2023)

Il compositore campano torna, cinque anni dopo Obsidian, alle connessioni fra minerali e suoni in Latite. Incestando strumentazione elettronica ed acustica dipinge scenari nei quali la presenza umana non sembra prerogativa necessaria, ma nei quali si intravede comunque un racconto sui generis. Si inizia con Rhyolite, che è sì la colata lavica ma anche una città fantasma in Nevada, ed i tumulti che montano potrebbero essere forieri del disastro in effetti. Anacleto sembra forzare il suono per portarlo alla sua essenza. La Selenite in questo senso si percepisce guizzante, scontrosa e sfuggente, quasi a nascondersi sulla faccia oscura della sua luna in un insieme di squitii e rimbrotti, mentre dal sottofondo emerge un suono caustico che sembra puntare all’eliminazione delle scorie. La causticità del suono rimane, in qualche caso sembra addirittura di trovarsi sotto il fuoco di un videogioco, come nell’attacco di Basalt, dove emergono poi frequenze più noise a dare una sembianza ritmica sconnessa e granulare. In L’Una una presenza femminile prova a rendere maggiormente melodico il discorso, con un effetto straniante che ci riporta all’alienità ed alla differenza, affascinante e distante al medesimo istante. Muscovite conduce all’idea di una certa solennità orientale, in cui echi e silenzi si alternano forgiando gli elementi ed il nostro rapporto con essi. Nella title track sembra di avvicinarsi ai territori di Mike Pathos: chiudendo gli occhi l’attacco sembra infatti quello dei suoi violini martoriati, anche se non abbiamo nessuna voce a guidarci: solo suono, con parvenze organiche a tratti ma potrebbe essere una nostra proiezione. Altri tormenti in Bauxite, con un suono ed un concept che sembra parecchio similare a Basalt dando l’impressione di una certa stasi sonora. Molto meglio nei guizzi di Celestine, che riescono a raccontarsi in una tensione che unisce i diversi input esplicitati nell’album, quasi ad ergersi come un trailer pregno di suspense per questo viaggio misterioso. Anacleto chiude il sipario su Kyanite per un album intrigante ed a tratti macchinoso, che scatena ricordi di raccolte di minerali ed apre porte su mondi immaginifici. Non tutto funziona, ma nei brani migliori il livello è parecchio alto e convincente per un lavoro integro e di spessore.