Andrea Cauduro – It’s Always Darkest Before The Dawn (Delete, 2022)

Dopo il disco dello scorso anno in compagnia di Michele Anelli e Paul Beauchamp, appena avvistata l’uscita di un album solista da parte di Andrea Cauduro le orecchie si ono subito drizzate in direzione Torino, Delete Recordings. It’s Always Darkest Before The Dawn è titolo che gioca sull’attesa e sull’imprevisto, nell’ombra, ma la chitarra e la rotta del musicista sembra ben delineata e precisa, per nulla timorosa e nascosta. Ben calibrata, inserita in un contesto rumorista e variegato senza mai essere né statico né senile, brilla di luce propria e di ruggini nel brano iniziale. Poi, con il passare dei minuti i contorni mutano, facendosi più sfumati come in Puer, esplorativa e dinoccolata, oppure malinconica e tetra, ipnotica come una Man And His Symbols che sembra mettere alla prova il proprio attore con un calvario a bassa intensità. Sembra di addentrarsi sempre di più in una landa desolata, uno di quei villaggi fantasma, defunti scenari western spagnoli. Poi Sirens Silence, poi Golgota. Andrea sembrerebbe intenzionato a mettere in primis alla prova se stesso, ma riesce soltanto a tenerci incollati alle cuffie, non perché ispirati dalla drammaticità delle azioni ma pechè il passaggio ed il vaggio ormai ci ha preso con se, trascinandoci. In Eulogy Blue i toni e le intensità si abbassano, quasi come se la luce stesse abbandonando il paesaggio ed Andrea riuscisse a spremerne lo spleen con poche reiterate note. Quel che Andrea Cauduro ci dimostra è che non servono arzigogoli o effetti speciali per costruire un’esperienza, basta fissare un punto all’orizzonte e percorrere una linea, lasciandosi liberi quel tanto che basta per venir urtati, accompagnati o sferzati dalle corde di una musica infinita.

Breve antefatto: Torino. Sarà l’incontro tra Dora e Po, sarà per gli incroci dei triangoli magici, ma, da tempo immemore qui si produce musica spettacolare, con un taglio differente per caratura e carattere dal resto del mondo. E dal mondo, oltre agli originari abitanti del luogo, anche altri artisti sono arrivati su queste sponde per restarvici. Da parte nostra, negli ultimi tempi su queste stesse pagne sono stati scandagliati i dischi di Ramon Moro, Larsen, Paul Beauchamp, Selfimperfectionist. In questa città opera Delete Recordings, giunta al suo sesto anno di età ed autrice di molti nastri e dischi importanti in questo senso. Il piccolo fantasmino che si presta a far loro da logo ha sicuramente buon gusto e, dalle cassettine con cui ha vergato le prime produzioni (di Luigi Pugliano, Marco Milanesio, Fabrizio Modonese Palumbo e Paolo Monti) si è recentemente spostata anche su digitale e CD. L’ultima, preziosa uscita, è It’s Always Darkest Before The Dawn di Andrea Cauduro, al quale abbiamo fatto qualche breve domanda.

SODAPOP: Ciao Andrea! Ti ho conosciuto musicalmente nello splendido trio con Michele Anelli e Paul Beauchamp e, quando Delete Recordings ha annunciato il tuo disco solista mi sono molto incuriosito. L’ho trovato molto personale e puntuale, senza troppi svolazzi, coinvolgente e trascinante.
Ti andrebbe di raccontarmi in primis l’idea che stava dietro al lavoro e la sua costruzione?
ANDREA: E’ un disco di musica scritta, composta non pensando tanto alla chitarra (il mio strumento), quanto più a composizioni adattabili a diversi tipi di ensamble. C’è tanta ricerca sui timbri e le sonorità basse e scure, in molto casi le parti melodiche sono letteralmente emerse dallo studio e la sperimentazione di tecniche di registrazione (reamp estremi per esaltare qualità armoniche dei suoni bassi), per cui direi che è un lavoro costruito su più livelli; uno di partenza molto ludico e giocoso, di scoperta e ricerca di suoni, a cui ne è seguito uno razionale di scrittura e arrangiamento più tradizionale.

SODAPOP: In secondo luogo vorrei capire un pochino della tua storia: da quello che so hai un ampio raggio di azione, sul tuo Bandcamp citi i classici del ‘900, così come la musica contemporanea ed il Noise. Debutto nel 2015 con Tales ed una produzione piuttosto voluminosa fino ad oggi, vorrei capire quali siano stati i tuoi battesimi e quale la tua linea artistica…
ANDREA: Mi sono sempre trovato a mio agio frequentando un certo tipo di underground pure venendo da una formazione accademica. Sicuramente i punti fondamentali del mio percorso artistico sono stati gli incontri durante il percorso accademico coi Maestri Mauro Cardi, Alessandro Sbordoni e Emilio Calandin, parallelamente a quelli con Paolo Spaccamonti, Ramon Moro e Paul Beauchamp quando sono poi venuto a Torino. Ho sempre trovato un filo conduttore, per quanto riguarda l’estetica, che collega certi territori ambient, post rock o “di ricerca” con le avanguardie storiche del ‘900 e la musica classica contemporanea.

SODAPOP: Geografia: Roma e Torino, due fra le città più fertili in Italia per suoni trasversali, caratterizzati però da visioni ed umori molto differenti, almeno alla ascolto. Come ti trovi tra questi due poli e questi due mondi?
ANDREA: Torino mi ha accolto da quasi cinque e avendo passato qui in solitudine il periodo dei lockdown sento di avere un legame molto profondo a livello emotivo con questa città. E’ molto diversa da Roma e L’Aquila (città dove ho frequentato il conservatorio e che considero casa), sono ancora nella fase di totale innamoramento e fascinazione. Quello che mi piace di più di Torino è il suo essere estremamente cruda ed elegante al tempo stesso, il grigio e le luci che ci sono in alcuni periodi dell’anno.
A livello di incontri in ambito musicale e artistico, per la mia esperienza posso dire di trovarla nettamente più fertile rispetto a Roma, dove forse è tutto un po’ più dispersivo e per certi versi competitivo.

SODAPOP: Futuro. Cosa possiamo aspettarci dai prossimi mesi Andrea? Presenterai il lavoro dal vivo? Con che formazione? Hai altro che bolle in pentola o progetti ancora in testa ma che vorresti realizzare?
ANDREA: Presenterò il disco il 27 gennaio all’Imbarchino del Valentino, con me ci sarà Michele Anelli al contrabasso su alcuni brani, e i dj set di Paul Beauchamp e Ramon Moro. Spero di suonare poi il disco il più possibile, in ensamble o in solo, mi piace l’idea di modellare la mia musica a seconda dei contesti. Sto lavorando a un disco in duo con Paul Beauchamp, materiale nuovo sia per me che per lui, siamo molto felici di dove ci ha condotti finora il processo compositivo, attualmente siamo quasi pronto per cominciare la fase di mix.
Mi piacerebbe continuare a lavorare con altri musicisti, per me è fondamentale.
Sono grato di poter lavorare e fare musica con persone che hanno molta più esperienza di me come Paul, Paolo Spaccamonti, Ramon Moro o Michele Anelli, al tempo stesso per indole mi piace e incuriosisce quello che è nuovo per me, per cui è stato naturale l’incontro con Pietro Cavassa (Anything Pointless), con cui ho realizzato Textures (Superbudda, 2020) e più di recente coi ragazzi di Compulsive Pene Madonna, mi piacerebbe aprire le possibilità della mia musica a questo loro tipo di approccio all’elettronica. Sempre per rimanere in zona, mi piacerebbe lavorare con Maria Valentina Chirico, un’artista veramente incredibile con cui ho avuto la fortuna di suonare in studio lo scorso anno. Attualmente sto lavorando al disco di Filippo Conti, sound designer che collabora spesso con il Teatro Stabile di Torino.

Ci auguriamo di sentire al più presto i frutti di queste possibili collaborazioni, convinti che il gusto e la tecnica di Andrea ben si possa sposare con i mondi opposti che ha citato. Per ora recuperiamo con calma integrandolo alla nostra dieta tutto il passato di Andrea, raccogliamo tutto quanto, cerchiamo di non perdercelo dal vivo per arrivare ancor più pronti ai prossimi appuntamenti.