The Three Blind Mice – Day’s Getting Dark (Beluga, 2022)

Partono a mille The Three Blind Mice, piede pigiato sull’acceleratore, stile, rock’n’roll inteso come insieme di corpi unti e sudati, in ambienti fumosi e sporchi. Deboscia, anni ’80, le wild side di Berlino, Melbourne, Milano. Visti per caso più di una decina di anni fa ma non mi hanno mai abbandonato, timbrando il cartellino regolarmente (2010, 2012, 2016 fino a questo ultimo anno) con stile e piglio riconoscibile. Fascino latino utilizzato alla meglio (sentire il singolo Winter e vederne il succoso video per farsene un’idea), le maracas giusto dove servono, ritmi che possono essere lenti e languidi ma anche sudici e scellerati. In questo disco si sente forse più la palude, un fascino che dalle metropoli si sposta verso Sud, Louisiana, pesci gatto ed ambienti simili. Tornano a lavorare con Max Lotti che già li aveva accompagnati con il precedente The Chosen One, giocano con tremolii e lontananze quasi fossero apparizione nella palude, sirene ammalianti in Come Home riuscendo ad unire mondi lontani come quelli del Sud e del Nord, New Orleans, Texas e Berlino. Forse l’essere centralmente italiani li fa rimanere ad un crocevia, proprio come Robert Johnson, 86 anni dopo il suo incontro. Galeotto un brindisi? Na zdorovye a sentire Russky Balera ma forse stiamo correndo troppo con la fantasia su queste onde surf, del resto siamo sempre nella Pianura Padana, anche se di notte, qualche whisky sulle spalle ed è subito Midwest. Una certezza la band e del resto il nome scelto non perdona. Come Agatha Christie insegnava quasi nessuno è quel che sembra, ed a giocare con il fuoco ci si scotta: forse non avranno incontrato il diavolo, o forse è il diavolo a suonare con loro. Le indagini non mi competono, rimango a ballare ed alla fine proverò a rubare l’LP.