Arrivano a cinquanta le uscite della Asbestos Digit e il risultato viene marcato con questa compilation a tiratura limitata e copertina personalizzata in cartoncino ondulato “stencilato”. Dieci tracce per dieci artisti che gravitano intorno all’etichetta e una serie di generi piuttosto varia, anche se genericamente riconducibili alla musica “di ricerca” e “sperimentale”, forniscono una foto fedele dello spirito che anima Asbestos. Quello che però in genere cerco in una compilation è qualche spunto, qualche nome nuovo da ricercare e approfondire e in questo caso non rimango deluso. Curiosamente sono i progetti più legati al rock, se non altro per il fatto di utilizzare le chitarre, a lasciare il segno: Lucy Mina ipnotizza con una drum machine godfleshiana abbinata a suoni che si distendono morbidi per poi inspessirsi sul finale; La Furnasetta, il gruppo della casa mi pare di capire, batte vie simili ma calcando la mano sul rumore e tirando fuori un doom-noise dai toni inevitabilmente drammatici; Faluomo (Graefenberg) pur trascurando i ritmi, altera la sua sei corde con effetti che le fanno suonare come un organo a canne, con picchi emotivi che mettono i brividi (Dio lo benedica, in questi giorni torridi). Fuori da qualsiasi canone rock ma nel novero delle cose più interessanti, sebbene sia un personaggio già noto da queste parti, c’è Luca Serrapiglio che, con solo sax e voce e in poco meno di due minuti, crea un’atmosfera tesa e brulicante di grandissimo effetto. Detto questo, e al netto dei gusti personali, il resto della raccolta si mantiene su livelli più che buoni: Le Cose Bianche si prende una pausa dalle consuete efferatezze sonore e se ne esce con un recitato su piano elettrico e synth davvero ispirato; Pierluigi Pugno, con la sua esile elettronica ambientale rappresenta un’isola di relativa pace in un disco generalmente rumoroso; il post industrial/noise Mademoiselle Bistouri e uBiK tiene alta al bandiera della distorsione e dei suoni da fonderia (il primo poi è di Brescia e proprio non poteva esimersi); la chitarra di Gianmaria Aprile, coadiuvata dai clarinetti di Giancarlo Nino Locatelli e Paolo Gaiba e dalla voce di Anais Poirot-Gorse, dà vita a un brano dall’atmosfera notturna e vagamente oppiacea; ultimo ma non ultimo, Legendary Gay Cowboys, al confine fra la veglia e il sonno, lascia i suoi synth liberi di navigare verso spazi mentali lontani. Unico appunto che mi sento di muovere alla raccolta è il consiglio di ascoltare la compilation in cuffia, senza interruzioni: dopo una decina di minuti, il passaggio fra il brano di Pugno e quello de La Furnarsetta mi è quasi costato un timpano. Per il resto, auguri ad Asbestos e cento di queste compilation!