Lua: la nebbia, la chiacchiera.

(La foto è tratta dal Regno delle tenebre padane, il fotografo è Riccardo Spaggiari)

Grazie all’intercessione di Matteo Casari (ex di lusso di casa Sodapop, anzi, l’utenza per accedere e scrivere ci sarebbe ancora) finiamo a chiacchierare con i Lua, terzetto attualmente composto da Filippo Rieder, Alessandro Zangani e Pier Giorgio Storti. Tre musicisti impegnati ma che sembra abbiano trovato una quadratura che fa di Lua una pietra importante del loro cammino Il loro secondo album, Nube, è appena uscito ed incontriamo in una videochiamata la nuova incarnazione del progetto (a Giuditta Gasperini e Laura Bianchi è subentrato Pier Giorgio): Filippo è in uscita tra lavoro e bevute coi colleghi, Pier Giorgio in una penombra tetra ed oscura mentre Alessandro, così come l’intervistatore, in una consona cameretta attrezzata alle risposte.


Alessandro Zangani

SODAPOP: Ciao Alessandro, Pier Giorgio, Filippo, grazie mille di averci concesso l’intervista! Io ho già pronta la recensione, ovviamente vi ho stroncati malissimo e quindi tutto andrà per il meglio…

FILIPPO: Quello che ci aspettavamo!

SODAPOP: No, devo dire in realtà che il lavoro mi è piaciuto un sacco, l’unica cosa è che faccio fatica a collocarlo adesso con il suo periodo di uscita, aprile/maggio, aspettando i bagliori di sole mentre voi ci riportate nella nebbia!

FILIPPO: Beh, a parte che il disco è tutto a tema nebbia, come avrai visto, ma in realtà il disco è pronto da un sacco. Abbiamo aspettato un sacco di tempo, sono successe mille robe (delle quali per la maggior parte sono causa, ora che sto ricostruendo la mia vita pezzettino per pezzettino ). Poi ad un certo punto ci siamo rotti il cazzo ed abbiamo deciso che il disco sarebbe dovuto uscire, visto che ci siamo molto affezionati e pensiamo tutti, soprattutto Pier in quella situazione di mezzaluce e penombra, come al solito bohemien, il bello e dannato dei Lua!

PIER: Sono in buona compagnia!

SODAPOP: Beh, del resto ognuno al suo ruolo, mi sembra giusto.

FILIPPO: Abbiamo detto basta, decidendo di farlo uscire nonostante ci fossero ganci di altro gente che voleva fare il vinile. CI siamo sbattutti il cazzo di tutti, un po’ la meccanica del nostro giro, Fine Before You ame, Do Nascimiento, Morose, la meccanica rimane sempre quella, per quanto sia un disco di estrazione diversa ce ne siamo sbattutti ragionando come coi nostri.

SODAPOP: Ci sta, comunque, puntualizzando quanto detto prima, è un disco che non centra nulla con il periodo nel quale esce ma riesce a portarti in quel determinato ambiente, cosa che di per se è già una vittoria. Troppo facile ascoltarsi un disco invernale in inverno, può bastare qualsiasi cosa vagamente malinconica e funziona, invece ascoltando un disco come il vostro vi trasporta realmente da un’altra parte.

FILIPPO: Sarebbe troppo facile, poi diventeremmo troppo ecumenici e commerciali!

ALESSANDRO: Ecumenici è bella!

SODAPOP: Allora…secondo disco e primo album, perché il primo, Werner era un’ep, giusto?

FILIPPO: Sì, ma anche questo è un’ep, è vero che dura più di mezz’ora però è un’ep, cioè, cinque pezzi.

SODAPOP: Cosa distingue allora un’ep da un album?

FILIPPO: A livello di struttura in realtà anche l’altro era un album se vogliamo. Hanno entrambi un percorso, una storia a capitoli. Anche questo disco come il precedente ha un tema che, come si faceva una volta andrebbe raccontato con tutti i pezzi. La durata è maggiore ma l’intento è lo stesso, quindi per noi alla fine non cambia particolarmente definirli ep od album.

SODAPOP: Mi dite che il disco ha un tema e che vada raccontato. Però ascoltandolo vengo già trasportato in un ambiente preciso con una meteo precisa, senza bisogno di troppe spiegazioni o racconti, d’imbocchi. Secondo voi la musica deve avere il potere di spiegarsi da sola o ha comunque bisogno di contestualizzazioni?

FILIPPO: Sarebbe bello che ognuno dicesse la sua. Credo che in questo caso, per quello che stiamo facendo ed al quale teniamo molto, quel che tu hai detto è più bello di quello che personalmente mi potevo aspettare perchê di solito, per questo tipo di cose, di soundscape, ambient evocative, c’è sempre bisogno di una componente visuale, visiva, perchè c’è il bisogno di accompagnarti in quello che pensavano mentre componevamo i pezzi, il nostro immaginario di allora. Il fatto che si percepisca con la sola musica è una cosa molto bella e ne sono abbastanza commosso, perchê è esattamente l’obbiettivo: creare delle situazioni che ti portino in posti che decidi tu, o in situazioni che inspiegabilmente sono gli stessi che avevamo in mente noi componendo. Questa cosa è molto bella! Noi componendo abbiamo in mente delle immagini, crediamo valga un po’ per tutti ed è l’annoso problema per i live che dovremo preparare, perchè la parte visiva ci vuole. Però il non dover imboccare per forza in una strada che poi diventa pretestuosa, grazie al cazzo, ti ho fatto vedere un immaginario, te lo suono in quel modo lì è chiaro che poi tu entri dentro in quell’immaginario. È bello che sia un filo libero, ed il fatto che se succede inspiegabilmente l’immaginario ricevuto genera quella che è l’ambientazione musicale è un grande traguardo!

SODAPOP: Per me è un fattore positivo perchê mi capita di ascoltare dei dischi leggendo le note stampa che li accompagnano e fondamentalmente un disco pensato come un requiem per la perdita di qualcuno fosse stato accompagnato da un comunicato che lo presentava come lo smottamento di un torrente od il passaggio dall’era antica all’era moderna poteva essere lo stesso disco fondamentalmente e questa cosa comincia a dare un po’ fastidio.

FILIPPO: Guarda, a me c’è una cosa che sta sul cazzo da una vita e che continuerà sempre a farmi quell’effetto ed è un po’ come chi si professa artista e la mio opera è questo e quest’altro e quello che dico…ma lascia decidere a me, come fruitore. Se fai le cose per te fattele e tienile nel tuo hard disc ma nel momento in cui le pubblichi creando un’interazione ed uno scambio libero e democratico è molto più bello. Io ti do il mio cuore aperto sul piatto e tu ricevi quel che credi sia giusto ricevere in quel momento, trovo più punk come approccio questa cosa.

SODAPOP: Beh, ma il fatto di definirsi artisti non è sbagliato di per se. Voi siete dei creatori, create qualcosa fondamentalmente, rispetto a me che sono un ascoltatore.

FILIPPO: Vabbè artisti, siamo dei cazzoni, alcolizzati e persone problematiche…

SODAPOP: Tutte cose che potevano descrivere Pablo Picasso, un cazzone problematico ed alcolizzato, però ha fatto anche dei quadri! Vi esprimete tramite il suono e se definiamo la musica arte siete degli artisti, dei creatori in quell’ottica, mentre noi siamo gli ascoltatori od i critici. Poi bisogna capire come lo si fa: se è merda è brutta (e viceversa), se è fatta bene val la pena di essere seguita ed approfondita.

FILIPPO: Forse il segreto è proprio quello, perché l’approccio è sempre quello. Veniamo tutti da esperienze nelle quali l’umiltà e lo stare con i piedi per terra non è una decisione od una presa di posizione, è proprio un modo di essere. Il fatto che tu dica queste cose allora ha senso, puoi dirlo perché tu sei un fruitore, hai fruito della musica e secondo te il tuo punto di vista e questo e ne siamo onorati. Da lì in poi però la prosopopea di chi si professa artista non è nelle nostre corde, noi facciamo l’urgenza solita del buttar fuori quello che abbiamo dentro nel nostro cuoricino spezzato!

SODAPOP: Ed il ritorno? Il fatto che, producendo musica, questa arrivi a persone che la ascoltano ed a persone che ne scrivono (o la trasmettano), quanto ê importante capire cosa gli altri recepiscano dell’opera? Il fatto che ci sia un ritorno è una cosa interessante oppure una volta fatta è fatta e quindi quel che succede succede e siete giâ oltre?

FILIPPO: Non lo so..ragazzi, dite pure
ALESSANDRO: Sì, sì…non lo facciamo certo per il pubblico..
FILIPPO: Però devo dire, da sempre, quando fai uscire il disco c’è quel momento frizzantino quando vai a cercare se escono recensioni e come ne scrivono. Se ne scrivono male la prima reazione è quella del: ci sta, non può piacere a tutti, se ne scrivono bene invece c’è entusiasmo, un minimo non di narcisismo ma il fatto di vederne scritto bene porta grande soddisfazione e leggerne invece male in realtà se è un’analisi critica è una cosa molto bella, quanto lo scriverne bene. Fa incazzare di più invece quando le recensioni ed i commenti ti fanno rendere immediatamente conto di come il disco non sia stato ascoltare e lì pensi vabbè, potevi evitare…

SODAPOP: Anche perchê l’80% dei comunicati stampa che accompagnano i dischi sono già recensioni, bsata mettergli la frase iniziale e finale ed è fatta. A me è capitato non molto tempo fa di aver scritto una recensione negativa di un disco, mandandola all’ufficio stampa che mi aveva girato l’ascolto. La risposta dell’ufficio stampa è stata: ti ringraziamo per la recensione, ti avisiamo che il gruppo non la condividerà perchê è negativa. Legittimo. Poi però ho scritto al gruppo dicendogli che se ad ogni critica negativa si va a censurare la voce non è che si possa sviluppare un dialogo e la risposta è stata che anzi, accettavano le critiche e l’Ufficio stampa aveva risposto così.

FILIPPO: No, così non può funzionare!

SODAPOP: Vai a perdere il lavoro e la dedizione che comunque una persona dà ad un disco, considerando che il livello di attenzione dell eprsone non è che stia andando benissimo ed il dedicare un’ora o più del proprio tempo ad un disco non è scontato…poi ci si può prendere o meno, chiaro…


Filippo Rieder

FILIPPO: Sai Vasco, io faccio un disco e comunque per il fatto che tu, facendo il tuo lavoro, ti prenda del tempo tendenzialmente non retribuito per ascoltarlo e recensirlo ti sono grato a prescindere perchè tu investi del tempi da professionista nella critica musicale per analizzare e mi interessa sapere il tuo parere. Nel momento in cui la recensione è negativa è comunque un servizio che tu mi stai facendo, gratis e di cuore. Ti ringrazio comunque e se lo ascolti e ne scrivi male, tanto di cappello comunque.

ALESSANDRO: Le etichette con le quali usciamo sono state quelle che più tenevano al disco ed a cui piaceva veramente quello che avevamo fatto, anche se, con le conoscenze dovute agli anni di musica avremmo avuto anche possibilità di uscite con realtà più grosse e con più riscontro. Però General Soreness per il disco precedente e Marsiglia, con Casari che è un fine ascoltatore, ci credevano pur essendo etichette piccole. A noi però questo non interessava, interessava far uscire il disco, poi a chi piace piace, a chi non piace pazienza. L’urgenza era buttarlo fuori perchè, come ha detto Filippo, ci teniamo tanto a questo disco.

SODAPOP: Dicevate prima che comunque in ottica futura c’è un pensiero live, dovete capire un pochino come fare a rendere gustizia alle registrazioni?

FILIPPO: Principalmente, ammetto, è colpa mia l’essere restii. Pier è super disponibile, ci ha messo a disposizione la sua casa di campagna nella colline parmensi, bellissima, è tutto fotonico. Perfetto. Ale è a disposizione mentre io ho avuto una vita molto complicata nell’ultimo anno e mezzo e questa cosa fa sì che la questione live vada a rilento. Dico la verità, non tanto per la gestione del live che in qualche modo governeremmo perché siamo dei truffatori ma è proprio la parte visuale. Ci rendiamo conto che per tenere un concerto di un’ora di questo tipo un intrattenimento per l’occhio sia necessario. Noi siamo lì che attacchiamo e stacchiamo cavi e manopole, Pier è quello che più di tutti suona…

ALESSANDRO. L’unico che suona!

FILIPPO:…nel senso più canonico del termine e quindi ci rendiamo conto che un minimo di incipit visivo, quantomeno evocativo ci deve essere e nessuno di noi ha testa, tempo e voglia di farlo. Se poi bisogna chiedere a qualcuno di farlo l’approccio è sempre quello super punk e non vogliamo rubare tempo a chi fa quello di lavoro, insomma, dobbiamo capire come gestirla in maniera diy il più proefficientemente possibile.

SODAPOP: Io dall’ascolto del disco vi guarderei anche senza nulla dietro, proprio come fruizione. Una prova, un concerto zero lo farei per capire come possa funzionare, perchè è evocativa proprio la musica. È un viaggio e se la musica riesce a trasmetterlo non c’è bisogno di chissà quale struttura dietro. Poi ovviamente i creatori siete voi però pensateci…

PIER: È anche per distrarre l’attenzione del pubblico dalla nostra imperizia! Sul disco suono il violoncello e dal vivo mi sembrerebbe veramente di prendere per il culo il pubblico…quind potremmo suonare dietro un telo al limite!

FILIPPO: Poi noi con un paio di bottiglie sul palco siamo sereni, potremmo andare avanti anche per tre ore!

SODAPOP: Sarei curioso di sentirvi, anche perchê storicamente, anche con gruppi parecchio grosi, ho preso delle sòle epiche. I Black Heart Procession a Milano li avrei presi a testate, anche i GYBE, i Billy Mahonie…mille viaggi su disco e sterili dal vivo, preferisco invece una sana energia, anche più semplice ma redditizia. Non penserei quindi troppo in grande ma mi lancerei semplicmente!

FILIPPO: In realtà forse siamo semplicemente degli scassacazzo incredibili, anche nella genesi dei pezzi ci sono storie di take rifatte per cinque secondi che non ci soddisfacevano!

SODAPOP: Come sono nate questa registrazioni? Come operano Lua?

FILIPPO: Nasce tutto per i cazzi nostri, è un progetto nato durante il covid, eravamo forzatamente tutti separati e come ragazzini alle prime armi ci mandiamo degli spunti lavorandoci sopra a distanza, poi perfezioniamo ed arrangiamo ed alla fine una grande mano (e questo vogliamo dirlo menzinandolo) ce la da sempre Matt Bordin in fase di mix creativo e poi di maste. È come se fosse una sirta di deus ex machina che va a laccare delle cose in maniera personale e noi ci fidiamo ciecamente di lui.

ALESSANDRO: Aveva lavorato anche nel primo disco dove non c’era Pier bensì due musiciste, poi abbiamo scoperto questo gioiello alcolizzato…

FILIPPO: Il fuoriclasse, come in quel film, Robertinho (immaginiamo possa trattarsi di Paolo Roberto Cotequinho ma non ne siamo certi al 100%, ndr.).

PIER: Mi becco tutto! Ditemi tutto, ditemi cose belle…

FILIPPO: Un talento fotonico!

PIER: Questo è un carico di responsabilità…

FILIPPO: Stai sereno! La cosa più fica è stato l’amalgama al quale abbiamo sempre auspicando e l’altra volta, lavorando con Giuditta e Laura che erano più elementi esterni ai quali davano istruzioni (loro strumentiste classiche, super tecniche, molto più di noi tutti insieme). Con pier epifania totale ed un amalgama magica.

PIER: Ricordo che mi chiamò Alessandro chiedendomi se volessi partecipare ed ovviamente ccettai subito. Fu tutto molto naturale, come se ci conoscessimo da sempre anche se sembra una frase fatta, però in realtà avevo visto Alessandro una volta sola dal vivo e Filippo solo per telefono, quindi fu veramente così…è stato qualcoa di speciale!

ALESSANDRO: In realtà suonammo insieme in un disco che ti consiglio di ascoltare, se non conosci, che si chiama Lebenswelt.

SODAPOP: Certo, Giampaolo Loffredo…di Under My Bed, l’etichetta di Stefano!

ALESSANDRO: Esattamente, nell’ultimo disco abbiamo fatto parecchie parti sia io che Pier e lì ho capito che potesse essere la persona giusta, ne ho parlato con Filippo e lì abbiamo trovato il tassello che mancava nel puzzle, ecco!

FILIPPO: Anche proprio a livello di arrangiamento e di struttura…non voglio fare le sviolinate gratuite però, su pezzi dove mancavano…i regaz lo sanno, sono uno scassacazzo (puoi chiedere anche ai FBYC, poverini). Arrivava su una chiusura di minuti di droni e ci diceva :”Vorrei fare una cosa del genere” arrivando con delle idee commoventi. Si era creata una sistuazione nei quali giocavamo in armonia e semplicità, trovando delle soluzioni che piacevano agli altri due e costruendo così.
SODAPOP: Cosa non scontata anche perché comunque ci sono delle differenze fra i vostri suoni di appartenenza, no?

FILIPPO: Anche lì credo sia stata proprio una sorta di magia azzeccare il mood e così, io spippolo ornai da diversi anni, anche cone Vrcvs però questo mondo qua mi mancava e quello che sta uscendo è esattamente quello che avevo voglia di ascoltare e doi fare e, boh, non succede spesso! Non cambierei assolutamente niente…

SODAPOP: Cosa non scontata considerate le tempistiche di stampa, soprattutto in questi anni, quando è facile ritrovarsi poi fra le mani un prodotto che non ê magari già più rappresentativo del proprio momento musicale…

FILIPPO: Magari il prossimo disco poi cambierà del tutto. Anche nei nostri progetti principali ci siamo sempre sentiti liberi di cambiare come avevamo voglia di fare ma sono convinto che questa magia ci accompagnerà nel cambiamento.

SODAPOP: Parlando di formato invece, perchè le cassette?

FILIPPO: Un po’ per necessità, visto l’investimento e le tempistiche per i vinili, poi anche perché nel giro ambient funziona per feticcio e per passione. Noi ci siamo cresciuti con le cassette ed è un bell’oggetto!

SODAPOP: Io ultimamente sto riscoprendo il CD che negli ultimi anni nessuno si fila più, è comodo, piccino e poco considerato. Poi è vero che se mi avventurassi nei boschi con il cane, il walkman e la vostra musica sarebbe tutto perfetto, potrebbero abbattermi a fucilate senza che mi scomponga.

FILIPPO: Il genere ed i pezzi, con le aberrazioni di riproduzione del nastro vanno a nozze. La distorsione,l asaturazione, il salto del nastro con la sporcatura, il gracchiamento..questo lo-fi aggiunto fa giocoforza effetto senza ricercare in maniera sintetica e care i medesimi effetti!

ALESSANDRO: Poi li stanno ricostruendo i walkman, ne ho preso uno nuovo di una ditta francese, tutto in metallo, con le cuffie bluetooth che è una bellezza ad un prezzo decente!

SODAPOP: In quanto a musica invece che tipo di ascoltatori siete? Cosa e quanto ascoltate?

FILIPPO: Io ho due figli piccini e da tanti anni ormai vivo ascoltando musica, quando non parlo con qualcuno ascolto. Mi do dei compiti, ascolto dai 3 ai 5 dischi nuovi alla settimana, anche di generi che non vorrei ascoltare, dalla trap italiana al black metal perché ho bisogno di scoprire robe nuove, mi piace l’ascolto di tanta roba, dal pop di classifica alle cose black più depressive. Anche rispetto ai miei figli voglio evitare di essere il boomerone e poter essere parte di un consiglio e di un processo, cercando di avere argomenti ed alternative valide. Ascoltando realtà, gruppi e canzoni di merda ho anche scoperto cose che mi piacevano, con una valenza!

SODAPOP: Stasera mia figlia mi ha detto, metto io una canzone adesso (le avevo fatto ascoltare Coca Puma, ndr) ed ho pensato, wow, che bella, roba minimale strumentale…è uscito che mi stava perculando mettendo un pezzo di una mia produzionie di Danilo Ligato!

FILIPPO: La tua etichetta…ovviamente allora ti manderemo i nostri prossimi pezzi da ascoltare!


Pier Giorgio Storti

PIER: Io ho un progetto megalomane di catalogazione id tutto ciò che ho ascoltato e verosimilmente ascolterò in futuro che mi impegna da più di un anno. Sono a quasi un tera di roba, fra la varietà più incredibile, ripassando anche dal black metal dei tredici anni. È un impegno ma è un impegno che mi piace, con un ascolto quotidiano e mi piace anche l’idea di un opera impossibile da finire, un po’ borgesiana, una biblioteca di babele e sto catalogamento il caos in digitalte, in una scatoletta triste e nera ma con tanto lavoro e tanta passione!

ALESSANDRO: Anch’io ascolto molto di tutto, piuttosto vado a periodi, ultimamente pochissimo ambient ma molto screamo e cose del genere, però dipende molto!

SODAPOP: Non so se ci ia altro che vogliate aggiungere, però magari..secondo voi, il fatto che veniate da storie diverse e siate uniti come Lua in qualcosa che è diverso dai vostri ambiti sonori puù essere un’entrata verso un determinato tipo di ascolti? Io ascoltando il vostro disco ho rimembrato un botto di roba che ascoltavo un sacco di anni fa, a fine ’90…

FILIPPO: Per curiosità cosa?

SODAPOP: Le cose più…la via di mezzo fra post-rock, ambient ed hardcore, un sacco gli Immense, diverse cose che comunque pur non somigliandovi riaprono delle caselle di ascolti. Una sorta di nebbia che quando si dirada ti porta in un altro mondo.

FILIPPO: Credo che alla fine tu abbia di nuovo centrato il punto. Molte influenze del passato fra noi sono comuni: il post-rock, il math rock, la poliritmia, cose più violente e cupe. Una traduzioni più attuale per le nostre esperienze e per il nostro periodo di vita di qualcosa che abbiamo sempre fatto insomma, una mutazione.

SODAPOP: Una maturazione anche?

ALESSANDRO: Una base che è sempre quella, la tristezza degli anni ’90 dal quale abbiamo costruito.

FILIPPO: Cose come i Tristeza, i Tarentel, i Juno..

PIER: Io mi segno tutto per il mio catalogo intanto.

SODAPOP: Comunque anche i Tarentel dal vivo per me sòla, visti dal vivo a Chiasso una vita fa.

FILIPPO: Noo! Per me, Pay per White dei Tarentel è uno dei pezzi che metto nella mia top20 di tutti i tempi. Comunque, aprendo una parentesei, siamo tutti invasati per musiche folcloristiche di Georgia, Armenia, con quelle modali che poi escono anche in the Black Ox Orchestra e Silver Mt. Zion…magari non la traduciamo ma siamo super nerd di quel mondo.

SODAPOP: Beh, son mondi che in qualche modo ti segnano con quella melanconia che esprimi in altre forme. Sulla tradizione poi ci siamo mondi e mondi dove perdersi…

FILIPPO: Io ero talmente invasato che ho studiato il duduk armeno, ci applichiamo e cerchiamo di infilarlo…in uno degli ultimi due pezzi dei FBYC ce l’ho infilato! Jacopo è fissato con le trombe, quando mi ha detto che ce le avrebbe sentite gli ho buttato il duduk.

SODAPOP: Io ad un certo punto ero entrato in fisso per la musica Sevda scoprendo Himzo Polovina, uno spettacolo!

FILIPPO: Per dirti, con le scale modali, l’Armenia ha la sua modale, ricercandola per poter trasmettere appienpo il dolore della diaspora di un popolo, una musica intera che è basata sull’espressione della diaspora, una cosa che mi aveva commosso. Ed il duduk è l’unico flauto che suoni abbracciando i fori.

SODAPOP: (Filippo esce così di scena, a telefono morente, mentre Alessandro mi spiega cosa voglia dire abbracciare i fori, mentre ci congediamo anche dal maestro). Grazie di tutto Pier, grazie di tutto Alessandro, a presto!!