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Southerly – Storyteller And The Gossip Columnist (Arctic Rodeo, 2008)

Succede di riconciliarsi con il post-rock e con il folk: qualche tempo fa ad esempio mi era successo di apprezzare molto il disco d’esordio dei Balmorhea (di cui so che ora è in giro il nuovo lavoro) e mi è successo anche con questi Southerly. Il gioco è sempre lo stesso, quello della forma canzone, la strumentazione è sempre quella di un gruppo folk-rock… ma che lavoro ben fatto! E che begli arrangiamenti! Pur non inventandosi nulla e suonando melodie e canzoni che potreste aver sentito migliaia di altre volte.

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Ada-Nuki – S/T (Whosbrain, 2008)

Ada-Nuki propone una formula che potrebbe ormai dirsi classica e consolidata, il duo basso e batteria, arricchendola di voce, effetti e fields recordings. Il disco si compone di solido noise rock miscelato a qualche svarione più progressivo, alternati a momenti in cui si affaccia un'elettronica sfaldata e non melodica. Ruins, Melvins, Dazzling Killmen, Oxbow, tanto per dare qualche vaga coordinata, sono nomi che probabilmente a Giorgio Maniglia e Stefano Spataro, i titolari del duo, non devono suonare sconosciuti.

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Built To Spill – 26/10/08 Interzona (Verona)

Nemmeno i Built To Spill sembrano sfuggire al triste rito del tour autocelebrativo, in cui gruppi più o meno affermati mettono in scena sé stessi in gioventù attraverso concerti monotematici che ripropongono album dei tempi d'oro. Prima di loro, fra gli altri, i Melvins tentarono di ringiovanire riportando a spasso Houdini, i Sonic Youth officiarono la propria commemorazione "performing Daydream Nation" e pure gli Slint si riformarono per rifilarci una specie di "Spiderland quindici anni dopo" che faceva più tristezza dei Soliti ignoti rivisti da Amanzio Todini. Certo, l'indie non poteva pretendere di essere immune da questo logica necrofila tipicamente rock, ma nel proporre un prodotto così preconfezionato a uso e consumo dei fan vecchi e nuovi, dimostra una consapevolezza che rasenta pericolosamente il cinismo. Nel nostro caso, tuttavia, pare trattisi di qualcosa di diverso.

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Love In Elevator – Re Pulsion (Jestrai, 2008)

Sempre ragazze terribili. Ne rimasi favorevolmente impressionato quando aprirono l'ultima calata italica degli Shellac ed evidentemente il palcoscenico è la perfetta dimensione per il duo veneto. Questo lavoro infatti, ben favorito dalle illustri collaborazioni con Giulio Favero e Franz Valente manca di quella personalità indispensabile per farsi notare all'interno di un panorama italico ormai saturo di copie delle copie delle copie. Nessun processo alle intenzioni, ma il rumoroso sound delle Love In Elevator paga pegno alle più o meno note female band degli ultimi anni: su tutti Hole e Daisy Chainsaw.

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