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Joe Lally: Fugazi, Roma, more human than human

Strana congiunzione astrale quella che fa sì che nell'ultimo periodo siano tornati alla ribalta musicisti o gruppi che ruotano attorno al basso, dai redivivi Primus all'indomito Jah Wobble. E chi se non Joe Lally ci può aiutare a rimanere perfettamente in tema? Conosciuto come bassista dei Fugazi, in realtà quest'uomo ha firmato una serie di progetti paralleli piuttosto interessanti, dai Decahedron ai The Black Sea (in compagnia di Shelby Cinca dei Frodus), fino agli Ataxia con John Frusciante. Oltre alle collaborazioni, forse non molti sanno che Joe ha fin dal 1994 una piccola etichetta, la Tolotta Records, che  fra le poche uscite annovera nomi come Obsessed, Spirit Caravan, Dead Meadow, Sevens (con entrambi i fratelli Sullivan) e Orthlem e con cui ha coprodotto, insieme alla Dischord, il suo ultimo disco. Ammetto che inizialmente non avevo prestato la giusta attenzione al suo lavoro solista, ma mi sbagliavo, infatti, col taglio più jazzy-rock anni '70 dei pezzi maggiormente rarefatti, raggiunge livelli non molto distanti da quelli dei gruppi per cui è ricordato (basterebbe citare Recap Modotti dei Fugazi). Se anche voi fate parte di quelli che hanno pensato che l'accoppiata Joe Lally – Brendan Canty fosse così ben oliata da poter supportare qualunque musicista, forse non rimarrete stupiti dal fatto certe canzoni di Lally potrebbero funzionare anche se fossero suonate semplicemente con il basso e la voce. Dopo essersi trasferito in pianta stabile a Roma, dove vive con moglie e figlia, ci ha parlato di molte cose relative al suo passato, al presente e riguardo alla nuova line up, che fra gli altri comprende il batterista dei mai sufficientemente ricordati Brutopop.

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Kongrosian Meets Oreste Sabadin – Bootstrap Paradox (Aut, 2010)

Oltre ad Oreste Sabadin al clarino, dietro al nome Kongrosian compaiono Alberto Callodei al clarino basso, Alessio Faraon alla tromba, Davide Lorenzon ai sassofoni e Ivan Pillat ai sax, tromba e voce. Non credo vada specificato che si tratta di un disco totalmente dominato dai fiati e che alla lontana (molto alla lontana) potrebbe ricordare il suono di ensemble famosi come il Rova, ma sarebbe come a dire che i Beatles e gli Slayer suonano simili perchè hanno entrambi batteria e tre strumenti a corde.

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Grass Widow – Past Time (Kill Rock Stars, 2010)

Le californiane Grass Widow sono una bellissima sorpresa, pure venendo fuori in un momento in cui il trio al femminile fa breccia e pure troppo per non avere perlomeno dei sospetti. Un suono convincente sin da subito, fresco, fragoroso, orecchiabile e impulsivo come solo certo lo-fi sapeva essere (anche come estetica), con quel pizzico di psichedelia non studiata che farebbe tanto parlare di shitgaze a più di un recensore, ma che poi non saprei quanto ci stia, in realtà. In effetti se piacciono anche a voi Woods, certo surf di marca Man Or Astroman e Vivian Girls questo disco non vi abbandonerà per almeno una settimana, e non è poco.

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Pixies – 05/06/10 Piazza Castello (Ferrara)

Io ci provo, ardentemente, a ricacciare i cattivi pensieri e l'evidente e incipiente vecchiaia, ma il mondo non mi aiuta. Vedere i Pixies per la prima volta a trent'anni suonati è un'esperienza che sconsiglio vivamente, giacchè a ondate di mutilazioni forse si è già sfibrati ancora prima di partire. Nonostante questo in un'afosa mattinata tardo primaverile, foriera di buoni sentimenti, carico la macchina e la punto dritta in direzione Ferrara, conscio della mia buona fede, della mia predisposizione al pregiudizio e al fatto che, comunque vada, sarà una gita.

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