Kongrosian Meets Oreste Sabadin – Bootstrap Paradox (Aut, 2010)

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Oltre ad Oreste Sabadin al clarino, dietro al nome Kongrosian compaiono Alberto Callodei al clarino basso, Alessio Faraon alla tromba, Davide Lorenzon ai sassofoni e Ivan Pillat ai sax, tromba e voce. Non credo vada specificato che si tratta di un disco totalmente dominato dai fiati e che alla lontana (molto alla lontana) potrebbe ricordare il suono di ensemble famosi come il Rova, ma sarebbe come a dire che i Beatles e gli Slayer suonano simili perchè hanno entrambi batteria e tre strumenti a corde.
Sebbene Bootstrap Paradox contenga esclusivamente materiale proveniente da un'improvvisazione collettiva data 2008, il suono del disco è ben lungi dal ricordare quel free radicale spesso informe e costellato di note strozzate e di dissonanze che, se da una parte fanno tanto "radical chic ribelle dello spartito e della melodia", dall'altra iniziano un po' a frantumare la minchia (mi spiace dirlo, ma è il difetto di moltissimi materiali su Creative Sources). I Kongrosian e Sabadin sfoggiano una cultura più o meno classica, da jazz evoluto ma allo stesso tempo antico, che va dai richiami dell'Art Ensemble a passaggi del dopo Ellington, ma soprattutto jazz ricco di scorie neo-classiche. Le melodie, al di là dei movimenti più storti, sono sempre al limite degli interni in "radica di noce", eleganza di note o interi stralci di canzone abbozzati senza vergogna e per Dio, è il bello del disco! Il fatto è proprio che pur suonando volutamente vintage, questo insieme di musicisti sfodera un linguaggio che conosce bene e che organizza in discorsi dotati di una profonda dignità d'essere, che suonano tanto bene all'orecchio, quanto privi di ogni prevedibilità. Un disco che ho ascoltato in mutande e con la finestra aperta, mentre sorseggiavo acqua fredda, il tutto cercando pace dalla calura notturna mentre le luci delle colline tremavano distanti, perse nell'afa.