Quattro più uno. Parliamone con Ramon Moro

 

Il suo disco nuovo, l’avrete capito leggendone la recensione, è un live. Un musicista e quattro opere d’arte a Rivoli. Perchè? Parliamone con il diretto interessato, Ramon Moro.

SODAPOP: 2022. Ciao Ramon! Ricevi l’invito ad esibirti per “Espressioni con frazioni”. Il 19 giugno Sali sul palco con non con altri musicisti ma con il frutto di altri artisti. Quando hai capito che quell’esperienza non poteva fermarsi lì ed andava tramandata affinché potesse essere fruibile da tutti?

RAMON: Quando ti rendi conto che oggi ci siamo e forse domani non più.
E quindi secondo me è necessario lasciare una traccia della nostra piccola esistenza in questa Terra. Non con presunzione, ma semplicemente per dire “ok, questo sono io”, altrimenti si perde tutto e tutto scivola via, come la sabbia al vento.

SODAPOP: Julie Mehretu, Giacomo Balla, Michael Joseph Winkelmann, Francis Bacon. 4 presenze forti, ma anche 4 forti assenze? Che tipo di influenza può avere quanto hai sotto gli occhi mentre suoni e quanto spazio di ragionamento (ed istinto) hai avuto bisogno per concepire questo live? Che tipo di preparazione?

RAMON: 2 in vita, 2 non in vita, ma comunque 4 forti assenze. Non li ho mai conosciuti, se non attraverso le loro opere e da qui riconosci la presenza forte, attraverso l’arte, non c’è bisogno di conoscersi.
Ho avuto molto spazio e tempo di ragionamento, al momento del live era tutto scritto, programmato e definito. In questo live non c’è assolutamente improvvisazione, solo interpretazione di ciò che avevo precedentemente composto e quindi in quel momento ho cercato di assorbire l’energia della loro non presenza, ma della loro arte.

SODAPOP: Come hai organizzato il processo di scrittura e quanto fedele sei stato rispetto a quanto preventivato? Del resto, su una tela e su una tromba basta un po’ di pressione in più per cambiare anche di molto il risultato…

RAMON: Ho iniziato a scrivere circa tre mesi prima del concerto e l’ordine con cui ho composto i brani è esattamente quello dell’esecuzione. Il processo di scrittura è avvenuto come quando vai a vedere una mostra, ti metti di fronte all’opera e cerchi di farti invadere, la osservi, la penetri, la respiri, ti immergi totalmente. Così ho fatto, mi sono immaginato per ogni opera un suono di partenza, un ambiente, un movimento e allora in quell’istante seguivo l’istinto e iniziavo ad improvvisare, con tutto il mio set montato in studio, per avere la massima possibilità di esprimersi. Metti per iscritto ciò che hai improvvisato, correggi, modelli, ritocchi e ci siamo, occorre solamente provare il concerto per duecento volte…
quindi ti posso dire che ho rispettato perfettamente quanto preventivato. La pressione in più c’è stata quando ho acceso gli amplificatori e mi sono rapportato con il suono della Manica Lunga del Castello di Rivoli. Brividi con il delay.

SODAPOP: Parlando dei brani ho utilizzato un termine come prosopopea, nella sua accezione di personificazione di oggetti inanimati. Soprattutto nel primo brano, nella contrapposizione di grigi e colori, mi è sembrato di sentire una matericità ed un incombenza riflessa dalla tela al suono. Si può essere intimoriti, o sedotti (guardando all’altra direzione) da un’opera d’arte suonando?

RAMON: In questo caso io non ero intimorito, ma totalmente sedotto dall’opera di Julie Mehretu. Tessiture, strati, pensieri, vite, profumi, colori, onde (black tides), ricordi, malinconie, deserti, dentro c’è tutto, basti pensare al tempo di realizzazione, 2017-2020 e inoltre il titolo Orient, il favoloso album di Don Cherry del 1974. Quando lessi il titolo mi sono emozionato, Don Cherry è uno dei miei trombettisti del cuore, immediatamente avevo già il suono di tromba in testa, l’inizio del concerto.

SODAPOP: Insist to Die può essere vista come una totentanz? Non sapendo cosa succederà nell’aldilà il cercarlo con il movimento, la smania e la musica potrebbe essere un’invocazione, un rito per esorcizzarla od una fattura? Che potere credi che abbiano la musica ed il suono (o la loro assenza), per l’equilibrio umano e la sopravvivenza (o la partenza)?

RAMON: Ho visto il dipinto di Giacomo Balla “Velocità astratta” come se fosse veramente una danza funebre. Ognuno interpreta le cose a proprio modo.
Ripetizione quotidiana della vita, velocità, affanni, ansie, sacrifici, più o meno voluti, difficoltà, ambizioni, ma tutto sempre così di fretta e poi? La fine è la stessa per tutti, più o meno accellerata. Penso che la musica ci accompagni in tutta la vita alla “partenza”, come la definisci tu. L’aspetto magico è che ogni individuo sceglie cosa ascoltare a seconda di cosa sente dentro. La musica è intima. Le emozioni che ci dà, sia da ascoltatore che da esecutore, sono preziose, intime, sono dentro di noi, sono noi.

SODAPOP: I met you, but you were transparent: l’incontro, lo scambio, il passaggio sfiorandosi. Il 19 giugno, uomo d’arte fra quattro opere d’arte, hai percepito una ricerca, un’attesa, un’attenzione da parte del pubblico, tuo e della mostra? Che tipo di riscontro hai ricevuto dal direttore artistico del festival e dalla parte di pubblico che non conoscevi, se c’è stata?

RAMON: Ho percepito una responsabilità molto forte, intensa. Chi sono io per scrivere e suonare con Francis Bacon? Chi sono io, che scrivo ancora con la matita le note sul pentagramma, di fronte a Beeple, che è l’artista digitale più innovativo, moderno e attualmente più quotato nel mondo? Per me non è stato facile, mi sono concentrato molto e ho cercato di dare tutto me stesso. Questo è quello che ho provato. Spero di averlo trasmesso.

SODAPOP: Leave me hanging in the dark: un applauso scrosciante e liberatorio dopo un brano dolente, rappresentativo di un immaginario cupo e malsano. Il quadro di Francis Bacon (uno dei miei artisti preferiti di sempre) sembra ritrarre un mercante, un uomo senza scrupoli che ha probabilmente optato per il profitto. Immagino che il mondo dell’arte e forse la stessa serata dove hai eseguito il tuo concerto potesse essere popolato da personaggi di tale risma. Mi ha ricordato anche, pensando a Torino, il centro da dove operi (e limitrofo a Rivoli dove l’esecuzione ha avuto luogo), il famoso avvocato. È un contenere lui nell’oscurità oppure sei tu che passi nel lato oscuro? Incorruttibilità e distanza anche a costo di perdere la luce?

RAMON: Lasciami sospendere nel buio. Ognuno di noi ha un lato oscuro e ognuno di noi lo conosce molto bene. Come l’uomo ritrattto da Francis (ormai siamo amici) si guarda dentro, nel buio, non riunciando al suo elegante e formale abito blue, ognuno vive la propria stanza buia e fa i conti con se stesso. La tromba in questo brano è un po’ sporca, sofferente, a volte un filino stonata, volutamente, come la vita no?