Alessandro Parisi – La Porta Ermetica (10th Anniversary Edition) (WV Sorcerer, 2023)

La splendida ristampa in vinile rosso screziato della WV Sorcer ci dà l’occasione di parlare di un disco che al tempo, colpevolmente, ci sfuggì, ma che, passati 10 anni (la celebrazione del doppio lustro è la ragione della ristampa, impreziosita anche da una nuova veste grafica), non ha perso un grammo della propria forza e ragione d’essere: stiamo parlando de La Porta Ermetica di Alessandro Parisi pubblicato allora, solo in digitale e CD-R limitato, dalla Giallo Disco.
Lontano anni luce – più per filosofia che non per questioni anagrafiche – da quanto in anni recenti si è imposto come immaginario dell’occulto in musica, La Porta Ermetica è un disco che cela il mistero fra le pieghe di suoni tutt’altro che ostici – elettronica minimale, synth spaziali, atmosfere da soundtrack – trasportando l’ascoltatore in un percorso iniziatico che svelerà un po’ alla volta i gradi più profondi. La scelta se dare di questa esperienza una lettura metaforica o letterale sta a voi, nulla comunque cambia nelle modalità d’ascolto.
Dunque, dopo un intro affidato a un campionamento de La Montagna Sacra di Jodorowsky, siamo pronti a inoltrarci all’interno di un universo popolato da voci oscure tutte da decifrare, dove i battiti freddi e metronomici  assumono forme ora marziali, ora quasi ballabili (Azot Et Ignis e Aeurum Seculum Redivivum), i bassi sintetici scuotono le interiora e i synth fanno crescere il climax senza mai giungere all’esplosione, ma introducendoci a livelli sempre superiori dove l’incedere dei beat ci guida verso la tappa successiva. Si ascoltino, in questo senso, Athanor e Si Sedes Non Is, ma sono molteplici le suggestioni che un album di tale complessità sa regalare, dall’atmosfera che odora di paranormale di Hesperius Draco all’elevazione spirituale indotta da Centrum In Trigono Centrum (con la collaborazione di Mushy), fino al dittico Si Sedes Non Is/Si Non Sedes Is, palindromo nel titolo e nella linea di synth, con la seconda traccia che, coerentemente al nome, sfoggia una scrittura estremamente dinamica e sembra aprirsi verso orizzonti più vasti.
Se, cercando riferimenti, può apparire scontato citare il John Carpenter delle colonne sonore e i Goblin… argentiani, è tuttavia doveroso fare dei distinguo: il primo, indubbio riferimento musicale, mi sembra soprattutto affine in spirito, per la capacità di celare, dietro una finzione artistica di nicchia ma fruibile, verità altre e complesse; per i secondi azzarderei, più che un’influenza diretta, un comune amore per la musica seicentesca, non a caso ultimo periodo d’oro dell’alchimia prima del declino (nonché secolo dell’erezione della Porta Alchemica di villa Palombara a Roma): provate ad eseguire le fughe di sintetizzatore di Centrum In Trigono Centrum su un organo a canne e poi ditemi.
Ma al di là dell’individuazione di possibili influenze musicali, operazione piuttosto oziosa, giova rilevare come, servendosi di molteplici linguaggi, l’alchimista de La Porta Ermetica – alter ego di Parisi stesso – è una figura prossima più a un ricercatore o a uno studioso che non al mago fricchettone evocato da lavori solo apparentemente contigui, e costruisce un’architettura dalle linee pulite e rigorose su cui poggia una conoscenza che sfugge ai limiti del razionale e che sta a noi perseguire.