Il ritorno in pista, con una serie di nuove uscite, di un’etichetta storica (ma fortunatamente non ancora da storicizzare) come la Wallace è decisamente una buona notizia. Meno entusiasmo, lo ammetto, aveva destato in me la notizia del terzo parto dei Quasiviri da cui, pur riconoscendo le doti tecniche e la fantasia compositiva, non ero mai stato conquistato. Super Human cambia radicalmente le cose; per scrupolo sono andato a risentirmi i due lavori precedenti alla ricerca di qualcosa che mi fosse sfuggito, ma sento di potermi assolvere con formula piena: il gruppo è cresciuto enormemente e con questo album trova la quadratura del cerchio.
Ai tre (Roberto Rizzo dei R.U.N.I. alle tastiere, Chet Martino dei Ronin al basso, André Arraiz-Rivas dei Satan Is My Brother alla batteria) giova svoltare verso la forma canzone con pezzi tutti cantati: ponendosi dei limiti esaltano ancor più le proprie capacità, estraendo dal cilindro una serie di melodie e ritornelli da far invidia a dei campioni del pop, unite a costruzioni complesse, ricche di cambi di tempo ma senza ombra di compiacimento. Vengono tagliate anche le parte più scanzonate che mal si adatterebbero al concept dell’album, una riflessione esistenzialista sulla condizione umana affrontata attraverso gli splendidi testi di Arraiz-Rivas, ma il tono si mantiene sempre brillante, specie nella prima parte, facendosi solo un po’ più cupo verso la fine. Tentando un’impossibile catalogazione si potrebbe parlare di pop-prog-core: del primo Super Human ha l’immediatezza e il gusto melodico, del secondo le sonorità e le strutture, del terzo l’impatto e la durezza di certe soluzioni, ma alla base di tutto c’è un’operazione di sintesi che impedisce di trovare paragono plausibili (forse gli ultimi Talibam! che jammano coi Nomeansno?). Basta Sound Is Now!, il brano che inaugurare la serie per far capire di cosa si tratta: ritmica serratissima, melodia di tastiere irresistibile, cantato (ad opere di tutti e tre i membri) sillabato e trascinante, tutti elementi ribaditi ed accentuati dalla successiva The Perennial Pose, che avanza con la potenza di un inno, roba da impararsi il testo per cantarlo ai concerti. Dovrei citare tutti gli undici pezzi, ma mi limito a segnalare la quasi-ballad Thoughts Vs. Feelings, una Seasons of Love con Nicola Ratti alla chitarra che non sarebbe spiaciuta agli Hüsker Dü e Smudge Life, che illumina un finale a tinte fosche. A impreziosire il tutto un digipack a tre pannelli con grafica profana in forma sacra, perfettamente intonato alle liriche. Senza dubbio Super Human è il capolavoro del terzetto, ma soprattutto è un disco di valore assoluto: riuscire a far meglio in futuro sarà una sfida difficile e esaltante.