Che questo del batterista Paolo Sanna sia un lavoro fatto col cuore lo si capisce, prima ancora che ascoltandolo, dalla curatissima copertina in carta ruvida, decorata da un collage diverso per ognuna delle 300 copie e autografata. L’ascolto, gratificato da una registrazione che valorizza ogni strumento ed ogni suono, ne dà graditissima conferma.
Sei tracce (la settima è una breve sequenza da mettere in loop a piacimento), equamente divise fra quelle in cui Sanna agisce da solo, quelle dove lavora in duo e quelle in gruppo, sempre con compagni diversi, senza tuttavia che l’opera perda unità e coesione. Il titolo ci rivela chiaramente come siano stati costruiti i pezzi, a sorprendere è semmai il fatto che, anche quando siano impegnati più musicisti, tutti si cimentino con strumenti a percussione, salvo rare eccezioni: ne esce un album d’atmosfera come difficilmente ci si potrebbe attendere da un armamentario strumentale così limitato, almeno dal punto di vista delle soluzioni melodiche. Il limite viene aggirato valorizzando al massimo i riverberi naturali e le potenzialità delle percussioni metalliche e dei piatti, non di rado sfregati, che creano suoni prolungati su cui i battiti possono stendersi a loro piacimento. In osservanza dello spirito free che permea l’operazione, difficilmente troviamo strutture ritmiche vere e proprie, le percussioni sono invece suonate in modo quasi impressionista, coi colpi come rapide pennellate che lasciano il proprio segno il tempo necessario perchè un altro ne prenda il posto. È musica in forma libera estremamente misurata, che non eccede mai, giocando anzi su delicatissimi equilibri: nemmeno l’ascoltatore meno addentro alla materia avrà mai l’impressione che si stia facendo del semplice casino, sarà anzi piacevolmente sorpreso nel trovare brani così espressivi come la spettrale Sun (Naoto Yamagishi alle percussioni ed Elia Casu alle onde radio), la drammatica e quasi industrial Bhopal (Alessandro Olla, Stefano Vacca e Elia Casu ai piatti) o le delicate melodie (qua sì, dovute alla chitarra preparata dell’assiduo Casu) di Kee (for Derek Bailey). Nelle note di copertina si legge che Improvvis(e)azioni è dedicato a quei musicisti che consapevolmente viaggiano ai margini e si tengono lontani dal mainstream: teoria e pratica si fondono perfettamente, non poteva esserci un tributo migliore.