Facce note mai perse di vista che ritornano più in forma che mai, della serie: quando la maturità artistica, ma anche anche anagrafica, riesce a fare sbocciare progetti freschi ed evocativi non possiamo che esserne contenti. Paolo Bragaglia, decano e magister del synth analogico si butta a capofitto nella OST di una serie immaginaria (un poco come avevamo visto per la Gabbia Umana su Heimat Der Katastrophe). Siamo in aria di dungeon synth, ma anche vaporwave e synth pop: tutte etichette certamente alla moda tra i nostalgici come noi, ma che evocano mille mondi una volta inavvicinabili ma oggi intersecati e, a nostro avviso, sdoganati da tutto. Molto bene quindi: la colonna sonora scorre e possiamo immaginare tanto combattimenti martial fantascentifici alla Big Trouble In Little China quanto le eteree ma turgide atmosfere di John Maus. Indubbiamente la nostra tazza di the, ma a far le pulci, potremmo azzardare una certa rinuncia alla sperimentazione (leggi ricerca) cosa che da un vecchio navigatore come Bragaglia avremmo anche potuto aspettarci. In fin dei conti siamo in una sci-fi fiction tutta da scrivere, pur rispettando i dogmi di genere.