Noise Cluster And Stigmate – Extreme Sleepwalking (Grubenwehr, 2022)

Quale possa essere il suono dell’oggi è una domanda inevitabilmente destinata a rimanere senza risposta: troppi sono gli “oggi” che riempiono la nostra contemporaneità, sebbene alcuni abbiano più peso di altri. Proviamo allora con una domanda un po’ più semplice, poi magari ci torniamo: cosa sia un’ Extreme Sleepwalking bastano i primi secondi di Mindbender, per capirlo, fra incedere ritmico a metà fra il marziale e l’ipnotico e suoni che imperversano dintorno, immergendoci in un’atmosfera allucinata dove tutto si dissolve. Questo è un buon punto di partenza: benvenuti nell’universo creato da Noise Cluster (duo romano composto da Flavio Derbekannte e Arianna Degni Lombardo) e Stigmate (il sardo Nicola Locci). Musica industriale che si abbevera ai tempi in cui il genere non era ancora codificato e ci si poteva trovava dentro di tutto (non a caso un certo spirito kraut, che dell’industrial fu, in alcuni suoi elementi, precursore, qui aleggia in diverse tracce). Ma troviamo anche echi di quell’elettronica ’80 – ’90 che aveva strettissime connessioni con la cultura veramente underground (lo so, adesso il termine suona da schifo ma, se c’eravate, capirete) e mi verrebbe da sparare il nome dei Clock DVA, non tanto come riferimento stilistico, quanto culturale: elettronica come amplificatore dell’umano, delle sue pulsioni, delle sue paure. Tutti riferimenti “antichi”, direte, ma non siamo di fronte a un eterno ritorno dell’uguale (ve l’aspettavate un’altra guerra in Europa?) e al concretizzarsi di paure che, fino a poco tempo fa, appartenevano solo a vecchi racconti di fantascienza? Eccoci allora immersi nel suono cupo, pesante, paranoico di una Death Vision che si divide fra glitch e batterie infernali, negli orizzonti lividi di Where I Am squarciati da lampi elettronici e suoni di tromba stranianti, nella paranoia liquida di Dim Light, fra ritmiche da contatore geiger e coltri di synth che si dispongono, solo apparentemente leggere, una sull’altra, nella pace illusoria dei field recordings di The Fall,  fino al definitivo perdersi nei paesaggi kraut fra il mistico e il disturbante di Brain Damage. È musica strutturata, quella di Extreme Sleepwalking, che non sprofonda mai nell’abisso del caos (i rari inserti free noise sono sempre funzionali alle composizioni) ma che, nella sua esplorazione degli stati di coscienza, è in continua mutazione, ed è quindi impossibile trovarvi punti di riferimento sicuri: un lavoro del genere sarebbe probabilmente piaciuto a un indefesso sperimentatore come William Burroughs, ma, invertendo il punto di vista, viene da chiedersi se, in qualche modo, non ne abbia ispirato la genesi. Tornando quindi alla domanda d’apertura, non so ancora dirvi se quello di Extreme Sleepwalking sia il suono dell’oggi, ma sicuramente è musica che ben rappresenta questi tempi cupi: no, non state sognando.