Levi è Damiano Simoncini. Diverse esperienze alle spalle (Damien e Versailles soprattuto, ma anche Melampus e Cristallo), ormai alle porte dei 40 anni, Levi è la sua necessità privata. Nel 2019 e nel 2020 i primi passi, caratterizzati da pochi brani, intensi, in grado di calarci in un mondo personale. Il suono è aereo e lucido, quasi virginale. C’è una materia sonora elettronica e spaziale, che ha lasciato la solidità terrena ma in qualche caso ne riporta sentori e ne rimane attratta, facendola risuonare. A tratti par di sentire un distacco forzato, un muoversi in maniera differente rispetto al contesto di azione, creando una tensione molto interessante. Recentemente ho letto un libro di Daniele Del Giudice, Staccando L’Ombra Da Terra. Nel primo racconto, in cui il narratore racconta la sua prima esperienza come pilota ma soprattutto l’accompagnamento che da allievo deve seguire con Bruno, il suo istruttore, si alternano momenti di insicurezza a veri e propri voli pindarici. Trovo similitudini nei movimenti di Damiano, squarci di leggerezza brillante e materici ripieghi in cui la massa ed il corpo hanno ancora il sopravvento. Questo percorso, questa premessa per una nuova partenza è trasportata da suoni cristallini, che rischiano di infrangersi ma resistono. Suoni che caratterizzano passaggi di stato, chiamiamola hypnagogia, psichedelia, trance, forse sono solo coordinate su un pentagramma lanciato tra correnti ascensionali. Sei brani, nastri trasportatori verticali che ci portano fra caleidoscopi ai quali non possiamo resistere, lasciamo gli ormeggi ed attendiamo la luce, lievi.