Devo essere sincero, quando leggo che un disco è pubblicato in SD card metto mano alla pistola. Diciamo che, fuor d’ironia macabra, preferisco avere a che fare con formati un po’ più ingombranti e tattilmente godibili. Stavolta però mi sono dovuto ricredere, a malincuore ma è giusto ammetterlo.
MINIM, al secolo Diana Dulgheru, è una sound artist rumena che sperimenta con concetti estremamente formalisti, e per l’occasione agisce sul suono riflettendo sull’opposizione tra costrutto e oggetto inquadrato nell’ottica della filosofia della scienza: un oggetto ideale dipende dalla mente di un soggetto, non è direttamente percepibile ma la sua coscienza si basa su altri concetti che aiutano a spiegarlo.
In base a questa visione estremamente speculativa, e a un tale monicker aggiungerei, la musica composta per Costruct risulta estremamente minimalista (accompagnata ovviamente da un grazioso artwork ridotto a poche linee nere su sfondo bianco).
Siamo nei territori di un Roji Ikeda ancora più liofilizzato e ridotto alla basicità, un sapiente sviluppo di pochi suoni giustapposti omogeneizzati in fredde tracce ritmiche. Metodo già utilizzato egregiamente da gente come Toshimaru Nakamura, qui concepiti ancora con maggiore distanza scientifica.
Otto tracce che sviscerano la ritmicità in modo estremamente cerebrale, muovendosi tra tempi concilianti e improvvise sincopazioni, senza risultare però scostanti nonostante il discorso sia praticamente ridotto all’osso di un glitch strutturalista e gli arrangiamenti si basino su semplici posture di addizione e sottrazione. Il senso della composizione e del dettaglio rende in realtà l’ascolto piacevole, tanto da farti sprofondare in un loop percettivo e mentale che trascende e completa lo sviluppo espressivo dei pochissimi elementi.
Alla fine tutto torna, diventa afferrabile anche la scelta del formato, e la musica, oltre ad affascinare, si sostanzia come una parte di un progetto più grande reso in modo mimale partendo da basi complesse. Il merito è proprio di una freddezza così estrema che sorprendentemente stimola per eccesso tepore, sicuramente cerebrale, e graffia con la sua grana: è pur sempre interessante essere accompagnati da questa colonna sonora mentre si riflette sull’impalpabile metafora che unisce la costruzione di costrutti sonici e l’inafferrabilità dei materiali sonori di partenza. Questo vi spingerà, oltre che a godere della piacevolezza dell’ascolto, anche a mettere più di qualche volta il disco nel lettore card. La prossima volta, comunque, può andare benissimo un semplice compact disc.