Larsen/Alessandro Sciaraffa – Golden Leaf (Important, 2022)

Immaginatevi di essere in un luogo segreto e raccolto dell’alchemica città di Torino. Intorno a voi le opere di Alessandro Sciaraffa, dei totem sonori interativi, oltre allo chef Gabriele Gatti e le sue creazioni culinarie. Nel teaser video abbiamo persone sdraiate e calici di prosecco. Si aggirano figuri armati di strumenti musicali, quei Larsen giunti alla loro diciannovesima fatica, Paul Beauchamp al mix ed alle registrazioni. La foglia d’oro, Golden Leaf, è il più prezioso taglio di oro edibile, di solito un elemente di sfarzo che poco o nulla aggiunge al gusto di un piatto ma che brilla come nessun altro elemento scenico. 4 ore circa di sessione, i Larsen a suonare, mentre dalla cucina escono chips di bietolina, cavolo nero e spinaci.
Ma, perché c’è un ma, la musica può e riesce a guidarci in un ambiente che riconosciamo ed immaginiamo solo parzialmente, con il sentore che le luci calino leggermente e che le frequenze ed i brusii dei Larsen si impossessino dei nostri corpi, abbassandone i battiti facendoci nel medesimo tempo rimanere in tensione per i possibili risvolti della performance. Cavolini di Bruxelles a bassa temperatura con semi di senape, carciofi cotti dentro alla brace, con agli, sale e pepe.
La musica sembra provenire dal lato oscuro della luna, o per lo meno da un contesto in cui le forze ravitazionali siano ben più lasche delle nostre; si oscilla infatti, a qualche centimentro da terra, guidati dalle mansuete divagazioni strumentali di chitarre, pelli, elettroniche, che non hanno nessuna intenzione di arrivare ad un traguardo ma perlustrano nelle loro ricognizioni sensoriali, creando una bagna (càuda?) in cui i corpi galleggiano. La performance si divide in due parti, si sente del vociare mentre inizia la seconda parte, dei sibili, non sappiamo se dalla cucina o dalla musica…
No, è il pulsare della seconda foglia d’oro. Il bue batte colpi sparsi come a dare segni di limitazione ed avvisi limitanti, dei crepitii si ergono su un ribollire denso e soffuso. La chitarra si fa poi nera, dilatata e western filando su binari che si stagliano in un orizzonte fumoso, prima di prendersi il proscenio. Parmentier di porri con brodo di verdure su foglia d’ostrica, con radice di porro fritta.
Mi immagino l’attenzione dei partecipanti ora, a fissare le mani, a fissare le corde, ma non è questo il punto, il suono è sempre sul punto di svanire, di disfarsi, di adagiarsi sui corpi ed intorno ad essi come fosse soltanto uno degli elementi presenti. Foglie di shiso al cioccolato fondente e noci. Frammenti sonori, rifratti sui corpi delle sculture, e degli astanti, stimolati da cibo, vino, sguardi. Non credo manchi nulla alla serata. Voi, Larsen, Alessandro, Gabriele riprovateci, la prossima volta non la mancheremo di certo.