Proseguendo nel filone one-man-project, la genovese Taxi Driver, dopo Petrolio, propone questa invernale scalata in vetta carica di riverberi doom e maestose stasi evocative. Il concept alpinistico, se così possiamo definirlo, evoca i migliori Godflesh (Pure) e idealmente il disincanto colto della Neurot. Purtroppo l’assenza di voce talvolta è un patimento e complica il passaggio attraverso le impervie pareti cariche di ghiaccio e malesseri esistenziali. Potreste obbiettare che durante le scalate non ci possano essere troppi scambi di battute tra gli astanti, ma in questo caso scusate il meschino gioco, ci avrei speso almeno due parole. Perfino il mixaggio e master del pluriblasonato Eraldo Bernocchi passano quasi inosservati al cospetto di cotanta energia motrice. Sia chiaro: non è un brutto lavoro, piuttosto un’esplorazione in una terra di mezzo, né troppo funeraria né troppo impervia. Ideale colonna sonora per scalatori in erba, a cui come si impone, caldeggiamo sempre e comunque la massima prudenza.