Kick – Light Figures (Anomic/Dischi Sotterranei/Sour Grapes, 2022)

Eleganza, buon gusto, stile, voce femminile, occhiali neri.

Il secondo disco dei Kick, duo con batterista aggiunto (così si evince dalle foto promozionali) formato da Amalia Bernardini e Nicola Mora, con Giovanni Caniato dietro le pelli, si potrebbe descrivere così. Magari aggiungiamoci i riferimenti giusti, dai Sonic Youth più dritti e minimali (Becuz?) a certo Desert Rock, come se da una landa desolata spuntassero improvvisamente squarci di verde. In realtà oltre a questi ci sono aculei e graffi che arrivano poco dopo nelle carni, con i beats dei migliori Death In Vegas mandati a memoria, un fare minimale ed asciutto che evita orpelli inutili e lascia il segno. La particolarità del canto di Amalia è che appare distaccato ma penetrante, in alcuni frangenti sembra quasi staccarsi dalla lingua che utilizza (soprattutto nei momenti più reiterati) per farsi “logo” d’altri tempi. L’essermi perso il debutto (oltre a non giocare a mio favore, ma recupererò di sicuro) non mi permette di presumere evoluzioni o spostamenti, ma di sicuro posso sbilanciarmi, fotografando un dischetto che, nella corretta lunghezza (9 brani per 31 minuti e rotti), ci offre diversi spunti: i sussurri di Rubberlove, i rimandi ai folletti bostoniani di Sirens Never Sleep, l’intimità di Eleven. L’ospitata di Scott Reeder dei Kyuss ingrassa Setting Tina mantenendo intatta l’eleganza di Amalia e trasportandosi in quella dimensione relativa al duo già composto da Richard Fearless e Tim Holmes, sintomo quindi di personalità e carattere. Sparks è bifronte, eletronica e chitarristica, offrendo luci ed ombre che sono quelle che ogni progetto deve avere per rendersi carne. 24 – Hour Delivery Club alterna screzi, scatti e stasi prendendosi il il giusto tempo, rimanendo meccanica ed ordinata, quasi una Kathleen Hanna con la tigre sotto sedativi. Viole passa all’italiano ed ai paesaggi bucolici, quasi una pausa ed un sospiro d’altri tempi, ad introdurre Benvegnuda, serrata e caleidoscopica tra lingue ed ambienti differenti,  mentre Atlantide abbassa i ritmi a chiosa di tutto.

Che dire? Dopo questa carrellata il disco ha polpa e merita. Sinuoso, elegante e ben studiato, la mano di Marco Fasolo in produzione è stata più che felice e la rappresentazione che ci resta in mano è quella di suono ed eleganza, buon gusto, farfalle, stile.

Bravura diafana in occhiali neri.