Humcrush – Enter Humcrush (Shhpuma, 2017)

A sei anni di distanza da HA!, collaborazione con la singer e improvvisatrice Sidsel Endresen, il duo Humcrush pubbica il suo gradito ritorno su Shhpuma, sottoetichetta della sempre interessante Clean Feed. Ståle Storløkken, tastiere, e Thomas Strønen, batteria, entrambi con le mani contemporaneamente impegnate su diversi ammennicoli elettronici, nomi molto attivi nella scena avant norvegese militando in formazioni come Supersilent, Elephant9, Food, Medow e Motorpsycho tra le altre, hanno avuto tutto il tempo per riflettere e costruire un nuovo approccio espressivo. Se in precedenza l’equilibrio sonoro era decisamente spostato su un linguaggio morbido e fluentemente elettronico, dalle divagazioni cosmiche, già dalla collaborazione con la Endresen le pratiche si erano fatte più asciutte e concrete nella ricercata complementarietà delle combinazioni astratte con la vocalità della cantante norvegese. In Enter Humcrush tutto vira ancora in una direzione più frontale, riuscendo a ottenere con un set strumentale ridotto all’osso un equilibrio sorprendentemente efficace tra componenti space trattenute, piegate allo sviluppo di esternazioni viscerali, e una spigolosità muscolare di fondo che rende la pronuncia dell’insieme urgente. Merito anche di una componente funk che sapientemente sa dare la giusta grana dove serve e a un linguaggio costantemente improvvisativo che mantiene alto il livello di tensione anche nelle parti più rarefatte. Il cambio di prospettiva la si intuisce fin dal velocissimo 4 che scandisce il tempo dell’assalto jazzcore The Beginning. Proseguendo con naturalezza tra le bordate funk della title track, l’impatto roccioso delle angolature frantumate di The Humming, alternando sapientemente con episodi più astratti e sospesi, costruiti ora su crude puntellature di ritmica ed elettronica (The Puncture), ora attorno a climax siderali (Salvare). Mentre Flee è un drone lancinante dalla ritmicità jungle che viaggia dritto verso il suo stesso acuto, Trench sfodera tutta la sua componente funk rock, improvvisando a larghe falcate su un tappeto krauto lisergico. Spliter è un confronto faccia a faccia nervoso e serrato e Sinking mastica psichedelia sci-fi che gioca sui pieni e sui vuoti di un’elettronica dispari. Si riprende un po’ di fiato sul finale con Exit Humcrush, progressione drammatica da titoli di coda e filmica aggravata da un sapore scuro e microsbalzi sottopelle a macchiare la linearità melodica. Ottima capacità di sintesi per un’uscita “liberamente” ben congeniata e ispirata, con una personalità che fa del proprio metodo creativo la cifra di una forte intensità espressiva, senza cali e dall’impatto decisamente punk. Qualcosa di cui personalmente mi sono accorto di sentire il bisogno dopo averla ascoltata.