Tre giovanissimi dal Nordest in rapidissima crescita: ecco, in estrema sintesi, i Grigio Scarlatto. Dopo l’esordio Antiuomo nel 2020, indie pop rock (in) italiano che non lasciava il segno, l’incontro coi producer Exit Exit dà il via a una mutazione che porta, passando per i due EP T9 Vol. 1 e Vol. 2, a questo Detox, titolo, forse, autoriferito, se messo in relazione all’idea di lasciarsi definitivamente alle spalle il passato.
Se infatti nelle due uscite brevi era stato il suono a subire le maggiori attenzioni, avvicinandosi progressivamente a sonorità shoegaze e a un feeling più digitale che rock – processo che continua con la rarefazione delle sonorità e l’affermarsi di un bel basso corposo come strumento-guida – ora anche la voce appare trasformata, elevandosi di poco sopra gli strumenti, ma guadagnando in espressività e musicalità: raramente si è sentito il nostro idioma accompagnarsi così bene alle note. Partecipa a questa spirale virtuosa di crescita anche la scrittura dei testi, che abbandona le fregole adolescenziali per approdare a una forma più matura.
Dopo l’intro, che ci introduce ad alcune delle sonorità che caratterizzeranno il disco, ecco comparire, in Segni, la sezione ritmica di matrice post-punk, che qui sostiene un bello strato di chitarre soniche, ma più in là darà concretezza e spessore anche ai passaggi più pop e apparentemente leggeri, come Guacamole, Nodo e l’anglofona So Softly; d’altra parte regge egregiamente anche la magnificenza quasi epica di NSPP, gonfia di tastiere e movimentata da break improvvisi dove i suoni sintetici stemperano l’atmosfera prima di ogni nuova ripartenza. In considerazione di tutto ciò, sconcerta abbastanza la chiusura affidata al punk rock caciarone e banale di Martedì (brano, mi dicono, gettonato dal vivo), che di fatto nega tutti i discorsi fatti finora: è un peccato finire così; veniale, ma pur sempre peccato. E invece no, il terzetto sfodera in extremis una traccia nascosta, anche questa in inglese, di power-electro-pop ruffiano il giusto, orecchiabile, potente, roba da far uscire subito come singolo e sbancare.
A costo di passare per anziano e non al passo coi tempi (tutte cose che, oggettivamente, sono), mi viene da fare il nome dei New Order, che molto probabilmente non sono nella playlist dei nostri, ma il cui spirito rivive in una musica fresca ma non leggerina, dove le venature scure evitano derive eccessivamente frivole e dove la scrittura, di ottimo livello, dà l’impressione di aver annullato la distanza fra sala prove e studio di registrazione, sfruttando quest’ultimo al massimo delle sue possibilità e insinuando uno spirito pop-dance nella carne del rock. Un discorso non nuovo in casa Shyrec, ma che qui trova un’espressione già compiuta eppure ricca di potenzialità ancora tutte da scoprire.